San Vincenzo Pallotti

23/01/2012
Foto: santiebeati.it
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Pio XI definì il fondatore dei Pallottini «provvido e prezioso antesignano e collaboratore dell’Azione Cattolica»; e con ragione, anche se le sue intuizioni non furono subito capite dalle autorità ecclesiastiche. Vincenzo Pallotti nacque a Roma il 21 aprile 1795; iniziò gli studi a S. Pantaleo dagli Scolopi, passando poi al Collegio Romano e laureandosi successivamente all’università “La Sapienza” in filosofia e in teologia. Dal 1810 convisse per alcuni anni con una sua zia, la clarissa Rita De Rossi la quale, cacciata dal suo convento in seguito alle leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi, contribuì non poco a spingerlo sulla via della santità.

Ordinato sacerdote il 16 maggio 1818, entrò in amicizia con Carlo Odescalchi, futuro cardinale, con il parroco Bernardino Fazzini, suo direttore spirituale, e con san Gaspare Del Bufalo. Nominato “Accademico della Scolastica e dei Luoghi teologici”, più tardi gli venne conferito l’incarico di confessore ordinario del Seminario Romano. Ma nonostante questi impegni, la sua presenza pastorale su tutti i fronti lo spinse a stimolare la collaborazione degli ecclesiastici, dei religiosi e – novità per quei tempi – particolarmente dei laici. E proprio da tale collaborazione ebbe inizio nel 1835 la Pia Società dell’Apostolato Cattolico, denominazione che il Pallotti spiegava così: «Dice lo Spirito Santo: Unicuique mandavit Deus de proximo suo. A ciascuno ha comandato Iddio di procurare la salute eterna del suo prossimo. E siccome nell’eseguire tali precetti dobbiamo imitare Gesù Cristo che è l’Apostolo dell’Eterno Padre, la vita di Gesù Cristo deve essere il modello dell’Apostolato di ognuno. E come tutti sono chiamati, anzi obbligati ad imitare Gesù Cristo, così tutti, in proporzione della loro condizione e stato, sono chiamati all’Apostolato […].

Dunque l’Apostolato Cattolico, cioè universale, come può essere comune ad ogni classe di persone, è il fare quanto ciascuno può e deve fare per la maggiore gloria di Dio e per la propria e altrui eterna salvezza». Parole, queste, che avrebbero spinto Pio XI a definirlo “antesignano” dell’apostolato laicale. Purtroppo, questa sua visione avveniristica non fu capita inizialmente anche da molti ecclesiastici, tanto che nel 1854, dopo la morte del Fondatore, il titolo di “Apostolato Cattolico” fu cambiato da Pio IX in quello di “Pia Società delle Missioni”. Ma già in precedenza, nel 1838, a causa delle forti opposizioni in atto, per mandato di Gregorio XVI l’associazione era stata addirittura abolita e solo dopo una tempestiva chiarificazione il papa aveva sospeso il decreto.

Il Pallotti sapeva interpretare i segni dei tempi: mentre non pochi cattolici ed ecclesiastici tentavano di arginare le forze ostili alla Chiesa con la polemica o usando tattiche difensive, egli studiò un piano di offensiva che coinvolgesse tutti i credenti non soltanto nel propagare la fede presso gli infedeli e i non cattolici, ma anche nel ravvivarla, conservarla e riaccenderla fra i cattolici stessi, e nell’esercitare tutte le opere di misericordia spirituale e corporale mediante la carità. Con quest’opera, egli si proponeva soprattutto di far sentire ai laici cristiani il loro mandato apostolico, e di affiancarli al clero in un apostolato organizzato.

Il ministero pastorale del santo si svolgeva a 360 gradi: egli soccorreva i poveri, gli ammalati, gli emarginati di ogni tipo; si prodigava per l’assistenza spirituale ai soldati, agli operai, agli studenti e ai carcerati; guidava le missioni popolari nelle parrocchie; si dedicava all’istruzione religiosa dei giovani nelle scuole serali e in altre istituzioni giovanili; si occupava della formazione cristiana dei laici, dei religiosi e del clero; promuoveva e animava le confraternite e le pie unioni; attivava e incoraggiava l’apostolato della stampa; dava impulso all’attività missionaria, con speciale attenzione ai problemi dell’Oriente cristiano. Era particolarmente ricercato anche come direttore spirituale in diversi seminari romani e nelle comunità di suore, con un’attenzione speciale alla confessione, per la quale da tutta Roma ricorreva a lui ogni genere di persone, dalle più altolocate alle più umili.

Il suo appello alla collaborazione dei laici trovò ben presto risposte concrete nella gente: a lui si associò, dando un contributo non piccolo alla nascente Congregazione dei Pallottini, la Venerabile Elisabetta Sanna, una madre di famiglia del Sassarese che, venuta a Roma in pellegrinaggio, a causa di una malattia cardiaca diagnosticatale da un noto clinico romano non avrebbe potuto tornare per nave in Sardegna senza rischiare la vita e, dal momento che aveva conosciuto il Pallotti, decise di dedicarsi totalmente alla Società dell’Apostolato Cattolico come membro laico volontario: curava la biancheria e gli arredi sacri della chiesa di San Salvatore in Onda, che era stata donata al santo dal papa Gregorio XVI nel 1844; cuciva camicie, faceva calze e solette, procurava coperte, lenzuola, indumenti e cibo per la comunità. Alla sua morte fu sepolta nella chiesa di S. Salvatore in Onda, in una cappellina dedicata alla Virgo Potens.

Nel 1847 Vincenzo terminò la redazione dei testi riguardanti la sua opera e il corpo centrale di essa, che chiamò Congregazione dei Preti secolari dell’Apostolato Cattolico; in precedenza, nel 1838, aveva fondato anche il ramo femminile, la congregazione delle Suore dell’Apostolato Cattolico e la Pia Casa di Carità. La morte lo colse il 22 gennaio 1850 quando la sua famiglia religiosa, in seguito alle forti opposizioni incontrate, contava appena dodici membri, di cui otto sacerdoti, insicuri circa il proprio futuro e viventi in grande povertà. Essi avevano però assimilato bene lo spirito del Fondatore e la congregazione di sviluppò e nel 1947 il dicastero vaticano per i Religiosi le restituì il titolo originario di “Società dell’Apostolato Cattolico”. Ma mentre la figura del santo rimase popolarissima tra i romani, le diffidenze precedenti nei confronti della sua opera pesarono sul suo processo di beatificazione: l’esame degli scritti durò dal 1852 al 1860, mentre la causa fu introdotta nel 1887 da Leone XIII e la discussione sulle virtù si protrasse fino al 1932, quando Pio XI emanò il decreto sulla loro eroicità.

La beatificazione fu fatta da Pio XII il 22 gennaio 1950, un secolo dopo la morte di Vincenzo, che fu il primo beato di quell’Anno Santo, mentre la canonizzazione avvenne il 20 gennaio 1963 ad opera di Giovanni XXIII, il quale nell’aprile successivo proclamò il Pallotti patrono principale della Pontificia Unione Missionaria del Clero. Numerose chiese gli sono state dedicate in Europa, in America, in Africa, in India e in Australia, a conferma della devozione di cui gode non soltanto a Roma, dove riposano le sue spoglie, sotto l’altare maggiore della chiesa di S. Salvatore in Onda.

Angelo Montonati
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