Sant'Alfonso Maria de'Liguori

10/02/2012
Foto: santiebeati.it
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Il patrono dei confessori e dei moralisti nacque a Marianella, nei dintorni di Napoli, il 27 settembre 1696 da una famiglia di antica nobiltà. Degli otto figli che ebbero i genitori, ben cinque si consacrarono al Signore. Oltre ad Alfonso, il primogenito, Antonio si fece benedettino, Gaetano fu sacerdote secolare, mentre Barbara e Anna si fecero monache. Come si usava allora nelle famiglie di un certo rango, Alfonso studiò in casa, dimostrando un’intelligenza fuori dal comune: a soli dodici anni sostenne con esito eccellente l’esame di ammissione all’università davanti al filosofo Giambattista Vico e, grazie a una speciale dispensa, si laureò in utroque iure a soli sedici anni, quattro prima del limite stabilito per legge, diventando ben presto uno dei più noti avvocati di Napoli, dal momento che le cause da lui sostenute ottenevano sempre la vittoria. Il padre pensava idi trovargli una moglie, ma lui rinunciò a sposarsi, continuando per undici anni ad esercitare la professione con successo.

La svolta decisiva per la sua vita avvenne nel luglio 1723 quando perse una causa di grande importanza intentata da un suo cliente napoletano al granduca Cosimo III de’ Medici: una piccola distrazione su uno dei documenti riguardanti la proprietà che il cliente riteneva essere sua, insieme a pressioni e interferenze da parte dei potenti gli fecero perdere la causa. Disgustato per questa gravosa sconfitta, Alfonso decise di ritirarsi dalla professione e si concentrò sulla vita interiore inseguito anche ad una esperienza mistica fatta nell’agosto successivo, mentre stava uscendo dall’ospedale degli Incurabili dove si recava ad assistere gli infermi poveri: Abbagliato da una grande luce, sentì una voce che gli diceva: «Lascia il mondo, donati a me». Credeva di essere vittima di una suggestione, ma dopo qualche ora la voce si fece nuovamente sentire e allora Alfonso non ebbe più dubbi e depose simbolicamente la sua spada di Cavaliere del Sedile di Portanova davanti alla statua della Madonna della Mercede presso Porta Alba. Seguirono tre anni di studi teologici, inframmezzati dall’esercizio del sacro ministero (catechesi ai fanciulli e persino predicazione, nonostante fosse soltanto diacono) e, vinta finalmente la tenace opposizione paterna, il 21 dicembre 1726 fu ordinato sacerdote.

Intanto nella chiesa di Santa Maria aveva conosciuto un gruppo di seminaristi e alcuni laici impegnati, coi quali il santo predicava nei quartieri più poveri e malfamati della città. L’iniziativa destò la curiosità della gente che accorse sempre più numerosa e nelle strade cominciarono a levarsi canti e preghiere che però suscitarono delle proteste dei residenti costringendo il governatore a proibire tali incontri. Allora Alfonso divise i suoi collaboratori in tanti piccoli gruppi che si riunivano in luoghi diversi e l’arcivescovo mise a loro disposizione gli oratori, le chiese e le cappelle della diocesi. Nacquero così quelle “Cappelle serotine” in cui il santo raccoglieva i cosiddetti “lazzaroni” (ragazzi di strada), perché potessero essere recuperati dal punto di vista civile e religioso. La formula ebbe un grande successo, tanto che quelle “Cappelle” arrivarono a quota trecento con circa trentamila iscritti da educare. Parallelamente a questo apostolato, il santo scriveva anche libri di contenuto ascetico e morale: il primo, intitolato Massime eterne, ebbe una diffusione straordinaria. Ma Alfonso, che da giovane aveva anche studiato musica e suonava il clavicembalo, componeva anche canzoncine spirituali, la più famosa delle quali, Tu scendi dalle stelle, ancora oggi si canta in occasione della nascita di Gesù: Giuseppe Verdi diceva che senza di essa Natale non sarebbe più Natale.

Nel 1730, inoltre,a Scala presso Amalfi egli contribuì in maniera decisiva alla trasformazione di un monastero femminile che seguiva la regola della Visitazione, in quella che fu la culla delle Monache del SS. Redentore, il ramo femminile della Congregazione redentorista tuttora diffuso in 14 paese con una trentina di monasteri. E sempre a Scala nel 1732 egli fondò, nell’ospizio delle Monache, la sua opera più grande, la Congregazione maschile del SS. Salvatore, alla quale nel 1749 Benedetto XIV avrebbe imposto il nuovo nome di SS. Redentore (Redentoristi). Per anni egli si dedicò al governo e alla formazione dei suoi religiosi, finché nel 1762 Clemente XIII lo nominò vescovo di S. Agata dei Goti, nel Beneventano. La sua indefessa attività, le penitenze a cui si assoggettava e diverse infermità, tra cui una dolorosa artritica, gli incurvarono progressivamente la spina dorsale,costringendolo a dimettersi dalla carica, con il consenso di Pio VI. Si ritirò a Pagani tra i suoi figli spirituali, ma ebbe a subire una prova assai dolorosa perché i Redentoristi che vivevano nelle quattro case della Campania furono costretti dall’autorità civile ad accettare una Regola alterata in certi punti (ad esempio i voti religiosi erano sostituiti da giuramenti) e il papa, probabilmente per protestare contro le continue ingerenze del re di Napoli in campo ecclesiastico, separò le case del Napoletano da quelle che la congregazione aveva in Sicilia e nello Stato Pontificio. Il santo dimostrò, nell’obbedienza sofferta per questa separazione, l’eroismo delle sue virtù. Soltanto nel 1793 i due tronconi si riuniranno formando nuovamente un’unica famiglia religiosa.

Alfonso morì il 1° agosto 1787, a 91 anni. Lo stesso Pio VI ne introdusse nel 1796 la causa di canonizzazione che, per ragioni legate anche alle situazioni politiche di quel periodo, subì dei ritardi; Pio VII beatificò Alfonso nel 1815 mentre Gregorio XVI lo canonizzò il 26 maggio 1839. Subito dopo arrivarono alla Santa Sede numerose lettere postulatorie, che col tempo raggiunsero il numero di ottocento, per chiedere che Alfonso de’ Liguori fosse dichiarato Dottore della Chiesa. Fu Pio IX, da sempre grande estimatore del santo, a conferirgli questo titolo. Dal canto suo, nel 1950, Pio XII lo proclamò celeste patrono di tutti i confessori e moralisti. Tra gli altri scritti più famosi del santo ricordiamo Pratica di amare Gesù Cristo, che ebbe 516 edizioni; Le glorie di Maria, definito il più bel libro italiano sulla Madonna, che ebbe un centinaio di edizioni in Italia e altre in tutti i paesi europei; ed il suo più grande “best seller”, Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS., che conobbe una enorme fortuna: 2009 edizioni, di cui 265 italiane, 861 francesi, 165 spagnole, 54 inglesi, 324 tedesche, 184 olandesi e 176 in altre lingue.

Angelo Montonati
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