Santa Maddalena Gabriella di Canossa

24/10/2011

«La vita religiosa», diceva santa Maddalena Gabriella di Canossa, «non è che il Vangelo tradotto in opera». E lei veramente lo confermò con una esistenza spesa tutta all’insegna di una instancabile attività e di un luminoso apostolato. Lontana discendente della famosa contessa Matilde di Canossa, che nel secolo XI fu al centro della lotta tra Papato e Impero, nacque a Verona il 1° marzo 1774. Rimasta orfana di padre a soli cinque anni e abbandonata con quattro fratelli dalla madre, passata a seconde nozze, fu affidata allo zio Girolamo. A quindici anni, superata una grave malattia che l’aveva portata in fin di vita, avvertì la vocazione religiosa e nel 1791 entrò nel monastero carmelitano di S. Teresa rimanendovi per quasi un anno, ma poi ne uscì sentendosi attratta più dall’apostolato attivo. Analogo esperimento tentò, dietro suggerimento del suo confessore, ma dopo tre giorni trascorsi nel Carmelo di Conegliano fece ritorno a casa. Era chiaro che la clausura non era fatta per lei.

Lo zio Girolamo le affidò la direzione della propria casa, compito che lei svolse per diversi anni con l’unanime consenso dei parenti e dei dipendenti; questa attività non le impedì però di intensificare la sua vita interiore, sotto la guida di don Luigi Libera, che le permise di fare ogni giorno la santa comunione, incitandola alla meditazione e alla preghiera. Contemporaneamente, Maddalena aveva cominciato a visitare gli ospedali e ad occuparsi delle fanciulle povere, abbandonate e a rischio, entrando in amicizia col beato Carlo Steeb e col venerabile don Pietro Leonardi, fondatori rispettivamente delle Sorelle della Misericordia e delle Figlie di Gesù. Nel 1801 accolse nella sua casa due ragazzine esposte ai pericoli della strada e successivamente le sistemò in un alloggio appositamente acquistato nei pressi di S. Zeno, affidandole a due maestre che già collaboravano con lei in un primo abbozzo di comunità religiosa. Napoleone, ospite dei Canossa quando passava da Verona, colpito dall’esempio della marchesa, si adoperò perché le fosse dato per la sua opera di carità il soppresso convento delle Agostiniane dei santi Giuseppe e Fidenzio dove nel 1808, avendovi aperto una scuola, Maddalena si trasferì dal palazzo paterno con le sue maestre e le sue allieve, che nel frattempo erano cresciute di numero, affidandone la direzione a Leopoldina Naudet che la tenne fino al 1816. Nasceva così la congregazione delle Figlie della Carità che poi furono chiamate Canossiane.

Nel 1810 i fratelli Anton Angelo e Marcantonio Cavanis, fondatori a Venezia delle scuole di carità per ragazzi poveri, chiamarono la marchesa a dirigerne una destinata alle ragazze. Lei vi andò rimanendovi circa dieci mesi per formarvi le maestre, poi aprì una sua casa nell’antico monastero di S. Lucia. Qui le apparve, durante un’estasi, una maestosa signora circondata da sei giovani donne che vestivano un abito color marrone avendo un piccolo scialle nero sulle spalle, una cuffia nera sul capo e pendente al collo una medaglia raffigurante la Vergine Addolorata. A un certo momento la visione presentò una chiesa, un ospedale e una scuola e la signora, dopo aver condotto le giovani per una breve sosta in questi tre ambienti, ingiunse loro di insegnare alle fanciulle la dottrina cristiana, di curare le inferme e di istruire la gioventù tramite l’insegnamento. La santa fece subito vestire le sue figlie con quell’abito e cominciò a stendere le Regole che ebbero una prima approvazione il 20 novembre 1816 da Pio VII a Piacenza, dopo il Pontefice si era fermato di ritorno dai cinque anni di esilio a Fontainebleau a cui lo aveva costretto Napoleone.

L’anno seguente giunse a Venezia e a Verona l’imperatore Francesco I il quale, a conoscenza dell’opera della marchesa, prese sotto la sua protezione le Figlie della Carità e volle che si diffondessero anche in altre città, cominciando da Milano. E siccome a Venezia le autorità locali avevano deciso di sfrattare le Canossiane dal monastero di S. Lucia, intervenne con una “Risoluzione Sovrana” a confermarle in quella sede e in quella di Verona, annullando tutti gli oneri che le autorità locali pretendevano da loro. Nel frattempo, era sorta una casa anche a Milano, che si stabilizzò nonostante disagi e maldicenze contro le suore: «A me preme soltanto», disse la marchesa in quella circostanza, «che circoli tra voi lo spirito del Signore, per dilatare la sua gloria; mi preme che vi facciate sante, voi prima di tutto e poi le anime che Dio vi affida. Per il resto lasciate che dicano, purché vi lascino fare». Nel 1820 avviò una fondazione anche a Bergamo, dove inizialmente dovette fronteggiare una serie di defezioni e di calunnie che misero a dura prova la sua costanza, e nel 1828 un’altra a Trento in un convento avuto in dono dall’imperatore. Qui le fu di aiuto Giuseppina Margherita Rosmini, sorella del beato Antonio, da lei ospitata per alcuni mesi a Verona e fattasi poi, nel 1824, suora canossiana; questo stimolò il fratello a fondare l’Istituto della Carità al Calvario di Domodossola. In quello stesso anno la santa si recò a Roma per chiedere a Leone XII l’approvazione delle Regole della congregazione, che ottenne con un “breve” apostolico del 23 dicembre.

Intanto procedeva nella sua instancabile attività, estendendo le sue iniziative in svariati settori di interesse sociale, come la formazione professionale di maestre di campagna per istruire i contadini, gli oratori festivi, i catechismi parrocchiali, le pie unioni, nonché gli esercizi spirituali per le donne del popolo e dell’aristocrazia. In tutto cercò sempre di essere di esempio alle sue figlie vivendo poveramente: non accettava distinzioni nel cibo e nel vestito, rammendava da sé i propri abiti, raccomandando che la congregazione vivesse «in totale abbandono alla divina Provvidenza e a null’altro pensando che agli interessi della divina grazia». Si accingeva a fondare due nuove case, a Brescia e a Cremona, quando il 10 aprile 1835 – venerdì’ di Passione - concluse la sua giornata terrena a Verona.

La sua causa di canonizzazione fu introdotta già nel 1877, mentre la sua opera si estendeva dovunque non solo in Italia. Maddalena fu beatificata da Pio XII nel 1941 e canonizzata da Giovanni Paolo II il 2 ottobre 1988. Quel giorno, durante l’omelia, il Papa disse: «A considerare la vita di Maddalena di Canossa, si direbbe che la carità come una febbre l’abbia divorata: la carità verso Dio, spinta fino alle vette più alte dell’esperienza mistica; la carità verso il prossimo, portata fino alle estreme conseguenze del dono di sé agli altri… Aveva capito che la pietà vera, che commuove il cuore di Dio, consiste nello “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo. Per questo si impegnò con ogni sua energia, oltre che con tutte le sue sostanze, per venire incontro ad ogni forma di povertà: quella economica non meno di quella morale, quella della malattia non meno che quella dell’ignoranza».

Angelo Montonati
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati