Paolo - Genova
Per ragioni pratiche, poi giustificate anche teologicamente, fra il XII e il XIII secolo la comunione al calice nella Chiesa occidentale fu preclusa ai laici e riservata al solo sacerdote celebrante; non senza aspri dibattiti soprattutto con le confessioni cristiane sorte dal protestantesimo. Superato lo scontro polemico, la riforma liturgica del Vaticano II, dal 1965, ha ripristinato la comunione al calice anche per i fedeli laici senza per questo sminuire la comunione con il solo pane, che resta la prassi più diffusa. La comunione al calice è una possibilità largamente prevista dal Messale Romano (n. 85). La sua concreta applicazione è lasciata al giudizio del vescovo locale e dei pastori delle singole comunità che, secondo le diverse situazioni, ne devono valutare l'opportunità o meno. Dal punto di vista del segno la comunione al calice evoca più chiaramente i gesti di Gesù e dei suoi discepoli durante l'ultima cena. Tuttavia, anche alla luce della più antica tradizione, la partecipazione al solo pane, come al solo vino, esprime e realizza la piena comunione sacramentale con il Risorto.