28/02/2011
Da Lourdes a Fatima, dalle televisioni alle testimonianze di persone consacrate, si sente parlare di esperienze mistiche e visioni di Gesù Cristo. Sono possibili tali esperienze? E perché Dio si rivela solo ad alcuni?
Mariarosa L. – e-mail
Apparizioni, visioni e messaggi, un insieme posto sotto il nome di esperienze mistiche, è un tema che merita un minimo di discernimento.
In primo luogo il mistico non è colui o colei che hanno delle visioni ma una visione della vita a partire dal proprio principio di identificazione che è il Signore Gesù: in lui vedendo sé stessi come figli/e amati dal Padre in Gesù, inviati alla terra per amarla come Gesù e amati di un amore eterno. E nel proprio sé ciascuno legga il tutto umano e cosmico. In questa lettura di Dio, di sé e del tutto alla luce del Cristo verità di Dio e dell’uomo sta l’esperienza mistica cristiana, l’iniziazione cioè o apertura a ciò che prima rimaneva per noi chiuso.
Illuminante a questo proposito è l’esperienza della comunità di Corinto effervescente nella ricchezza di doni straordinari e di fenomeni estatici (1Cor 12-14). Paolo interviene con un’opera di discernimento sempre attuale: il cristianesimo è una esperienza di amore (1Cor 13) e di risurrezione (1Cor 15) nel Signore Gesù. Questo è il permanente e la via eccellente al cui giudizio tutto è sottoposto. In questa prospettiva ogni cristiano è mistico e tale rivelazione è data a tutti.
La stessa Chiesa magisteriale del nostro tempo si è vista costretta a intervenire a questo proposito con un documento del 25 febbraio 1978 della Congregazione per la dottrina della fede sul modo di procedere nel giudicare presunte apparizioni e rivelazioni.
Ultimamente è intervenuta con il Commento teologico al Messaggio di Fatima del 26 giugno 2000, dell’allora cardinale J. Ratzinger, che propone una lettura carismatico-profetica di determinate visioni e di puntuali messaggi. Ovviamente a determinate condizioni, vale a dire se sono rispettati i sette criteri proposti dal Documento del 1978: informazione sufficiente, ortodossia, trasparenza, segni, salute e patologia dei veggenti, frutti e giudizio della Chiesa.
A queste condizioni, cristofanie, mariofanie e angelofanie possono essere considerate come doni dello Spirito che aiutano a discernere i segni del tempo secondo il Vangelo. Senza nulla aggiungere, modificare o integrare del Vangelo stesso nel quale è contenuta l’unica, necessaria e pubblica rivelazione.
Rivelazioni private allora come eventuale servizio al come vivere il Vangelo nel quì e ora, e lo Spirito a ciascuno distribuisce il suo dono per l’edificazione di tutti. Esperienze dunque che domandano attenzione; anche se mai si impongono come obbligatorie, e che in definitiva rimandano al luogo della grande apparizione che tutti investe.
Nella esperienza cristiana la domenica è il giorno dell’apparizione del Risorto come pubblica rivelazione di Dio come Perdono, Parola, Pane e Promessa di nuovi cieli e terra nuova e come pubblica rivelazione dei suoi e in essi dell’uomo come perdonati per perdonare, illuminati per illuminare, amati alla follia per amare follemente e come sognatori del futuro di Dio oltre ogni male e ogni morte.
Questi sono i mistici, ciascuno alla propria maniera, che la terra attende. E che altro è il mistico cristiano se non il luogo storico attraverso cui il volto, la parola e il gesto del suo Signore si fanno compagnia umana? A questo bisogna attendere con tutto l’essere: divenire l’apparizione del Cristo e non inseguitori di visioni e apparizioni.
«Parlaci delle visioni che hai», disse un giorno un monaco a Pacomio. «Lascia che ti parli di una grande visione: Se vedi un uomo santo e umile, questa è una grande visione. Cosa c’è di più grande, infatti, che vedere il Dio invisibile rivelato nel suo tempio, una persona umana visibile?».
Giancarlo Bruni