15/04/2010
Il disegno di legge contro l’omofobia è stato bocciato. Ancora una volta si è vista la contrapposizione tra gli schieramenti anziché il confronto. Se si tenta con una nuova proposta di legge, si esige che il testo sia chiaro e non si presti a equivoche interpretazioni o indebiti allargamenti.
L’omofobia si definisce come un sentimento (timore, paura) verso la persona omosessuale e si manifesta in molteplici maniere che vanno dall’intolleranza, ostilità, sentimenti di odio e disprezzo, fino a violenza psicologica e fisica. Un disegno di legge che sanzioni severamente la violenza può risultare importante, almeno come segnale di rassicurazione verso una categoria di persone esposte al sopruso, ma non basta. C’è da fare molto di più, occorre un impegno culturale di tipo etico per costruire una società giusta e riconciliata, dove ognuno sia riconosciuto nella sua dignità di persona. In questa prospettiva, è necessario superare forti pregiudizi. Non si sa molto dell’orientamento omosessuale, per esempio, se è innato o acquisito, irreversibile o no, e altro ancora. In ogni caso, è un limite umano. Due cose, però, sono subito condivisibili: il soggetto non ha scelto, di sua iniziativa, simile orientamento, lo sperimenta in una certa fase dello sviluppo e non senza un serio trauma psicologico; seconda: l’omosessuale è persona e, come ogni altra persona, ha diritto al rispetto incondizionato e al riconoscimento della sua dignità e dei diritti umani. Un disegno di legge che mira a contrastare ogni forma di ingiustizia e di violenza non può non trovare consenso. Ma nessuna legge può reggere su una definizione generica e confusa di omofobia. Un esempio di confusione, forse intenzionale, è la Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2006, alla quale alcuni vorrebbero riferirsi. Tra le manifestazioni omofobiche e, quindi, giustamente da condannare, si specificano «i discorsi intrisi di odio e istigazione alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio». Tra queste, però, si aggiunge anche il non riconoscere «i partner dello stesso sesso che non godono di tutti i diritti e le protezioni riservate ai partner sposati di sesso opposto e gli stessi diritti e protezioni che hanno le coppie sposate di sesso opposto e il mancato riconoscimento delle famiglie omosessuali». La definizione di omofobia risulta, così, tanto ampia da divenire incomprensibile e insostenibile: mette insieme realtà diversissime. Una cosa, infatti, è l’emarginazione, la discriminazione, la violenza verbale e fisica (e sono reati); tutt’altra è discutere se esistono alcuni diritti: al riconoscimento delle unioni omosessuali, all’adozione. Non si può parlare di violazione di diritti, se prima non si dimostra che tali diritti esistono. L’inconfondibile dignità, che spetta a ogni persona, non conduce a cancellare, per legge, la differenza di genere con il sostenere che l’omosessualità non è altro che una modalità sessuale tra le tante; che il matrimonio tra uomo e donna non è che una tra le altre forme di matrimonio; che la coppia omosessuale ha il diritto all’adozione. Purtroppo, il pensiero della Chiesa è spesso equivocato. Molte persone omosessuali lo avvertono estraneo, lontano, punitivo. E così si aggiunge sofferenza a sofferenza. In realtà, la Chiesa non è seconda a nessuno nel comprendere la condizione omosessuale e nel condannare, come antiumana e anticristiana, ogni forma di sopruso, ingiustizia e violenza che offende l’alta dignità della persona.
Luigi Lorenzetti