La gioia del “settimo giorno”

Per secoli, feste e domeniche hanno cadenzato le vite delle famiglie e della società. Un ritmo che ora è spezzato da un vita troppo frenetica.

03/06/2012
Benedetto XVI celebra la S. Messa nella basilica di San Pietro (foto Reuters).
Benedetto XVI celebra la S. Messa nella basilica di San Pietro (foto Reuters).

Cambia la forma, non la sostanza. Anche se con l’andar dei secoli le modalità con cui si “fa festa” si differenziano, da sempre l’umanità distingue il tempo del lavoro e quello del riposo. «Le prime scoperte l’uomo le fa su sé stesso e poi guardandosi intorno: il fuoco, il clan, il correre inseguendo le prede durante le battute di caccia che diventa all’occorrenza danza di propiziazione o di ringraziamento », osserva la professoressa Laura Bonato, che insegna antropologia culturale all’Università di Torino.

«Via via vengono solennizzati sia i momenti di quiete settimanale che quelli di passaggio: il susseguirsi delle stagioni, la fine della mietitura, il termine della vendemmia». Per secoli, le domeniche e le grandi feste cadenzano le vite dei singoli, delle famiglie, della società. «C’era il vestito bello da indossare per andare a Messa, si tirava fuori la tovaglia ricamata, si usavano stoviglie di un certo tipo e le pietanze si facevano più elaborate», ricorda la professoressa Bonato. «Tutti segni esteriori che “testimoniavano” il primato della domenica».

E oggi, che fine ha fatto la festa? «Chi ne ha decretato la fine è stato frettoloso e impreciso», puntualizza l’antropologa. «Vale un po’ a tutti i livelli. Si lavora di più la domenica e le famiglie (già provate per altri motivi) sono spesso divise anche il “settimo giorno”, questo è fuor di dubbio. Ma i più recenti studi dimostrano che si affermano reazioni originali e fantasiose.
La più diffusa è il riappropriarsi delle sere, sia quella del sabato sia quella della domenica. La voglia di incontrarsi, di dialogare, di “stare bene insieme” è insita nell’uomo e nella donna ed è più forte anche dei ritmi di lavoro più disumanizzanti». «A livello sociale, poi, si assiste alla nascita di nuovi fenomeni o al rapido aggiornamento di antichi riti», conclude Laura Bonato.

«Pensiamo al moltiplicarsi delle notti bianche, delle sagre d’ogni genere, ai flash mob, ai maxiaperitivi di piazza (in Francia vanno di moda e radunano anche 9-10 mila persone alla volta): che cosa sono se non voglia di difendere un “tempo” che è altro dal lavoro, in cui ciascuno è libero di esprimersi, coltivare i propri interessi, tessere relazioni interpersonali? Nulla può sradicare dal nostro cuore il piacevole bisogno di fermarci qualche ora ogni settimana, qualche giorno ogni anno».

Alberto Chiara
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