Cristiani in Kurdistan, minoranza in pace

Parla Monsignor Rabban Al-Qas, il vescovo caldeo di Amadiya. Nel Paese i cristiani sono 180 mila, la libertà religiosa è garantita. L'appello contro la condanna a morte di Tareq Aziz.

19/11/2010
Monsignor Rabban Al-Qas con papa Benedetto XVI.
Monsignor Rabban Al-Qas con papa Benedetto XVI.

La condizione dei cristiani in Kurdistan, nel nord dell’Iraq, è buona. Anche se sono una minoranza, la convivenza dei cristiani con le altre religiosi è segnata dalla reciproca tolleranza e non c’è alcun problema sul fronte della libertà religiosa. Monsignor Rabban Al-Qas è il vescovo caldeo di Amadiya, in Kurdistan. Dopo aver partecipato al Sinodo sul Medio Oriente indetto dal Papa, racconta come vive la comunità cristiana nella regione settentrionale dell’Iraq e lancia un appello al governo di Baghdad affinché cancelli la sentenza di condanna a morte contro Tareq Aziz.

    “I cristiani in Kurdistan vivono in tranquillità e nella pace. Non si verificano problemi con il governo, la loro condizione è buona. Nella regione del Kurdistan c’è un grande sviluppo perché i militari, il governo e le organizzazioni lavorano in pace. La situazione è molto diversa da quella di Baghdad e delle altre zone meridionali del Paese”.

I cristiani in Kurdistan rappresentano una minoranza. Quale è il rapporto con le altre religioni?
“In Kurdistan i cristiani sono circa 180mila. Rappresentano una minoranza ma la libertà religiosa è garantita. Con le altre religioni c’è tolleranza e convivenza. Non abbiamo problemi nel passeggiare o viaggiare anche di notte. Non abbiamo paura.

C’è un rischio di fuga dei cristiani dal Kurdistan come avviene nel resto del Paese? Quarant’anni fa, molti curdi hanno lasciato quasi il 95 per cento dei villaggi. Sono fuggiti per recarsi a Mossul e Baghdad. Dal 2003 la maggioranza dei cristiani è tornata in Kurdistan, ma oltre 37mila cristiani sono fuggiti dall’Iraq.

Lei ha partecipato al Sinodo sul Medio Oriente. Cosa le ha detto il Papa?
Benedetto XVI conosce bene la situazione in Kurdistan. Al Sinodo sono intervenuto almeno tre volte, con il Papa presente. Il Santo Padre mi ha ringraziato per le mie parole e ha detto che pregherà per la nostra terra.

Come è la situazione politica nel Paese?
Ancora non c’è nessun governo, non c’è stabilità, non abbiamo una autorità che possa portare la pace. Aspettiamo il primo ministro. Il Paese vive ancora un periodo di caos.

Qualche giorno fa la Corte suprema di Baghdad ha emesso la sentenza di condanna a morte per Tareq Aziz. Quale è la sua posizione?

Vorrei lanciare un appello al governo. Siamo contro la pena di morte, non possiamo uccidere una persona. Ritirate la condanna a morte per Tareq Aziz.

Serena Sartini
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