Lo spirito del Concilio nel Codice

Il Codice di diritto canonico compie 30 anni. Intervista al cardinale Francesco Coccopalmerio.

25/01/2013
Il cardinale Francesco Coccopalmerio.
Il cardinale Francesco Coccopalmerio.

Chi ricorda che i fedeli laici hanno il diritto “anzi talvolta anche il dovere” di dire ai pastori il “loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa e di renderlo noto agli altri fedeli”? Chi rammenta che i consigli pastorali, la collegialità episcopale sono codificati in precise norme? Che esistono le quasi parrocchie, che i laici hanno il diritto di essere istruiti e di conoscere le norme del diritto canonico? A 30 anni dalla firma del Codice la giornata di studio che si svolge oggi, promossa dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e dall’Istituto Internazionale di Diritto Canonico e Diritto comparato delle Religioni di Lugano, con il patrocinio della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI e della Fondazione Giovanni Paolo II, non è solo un’occasione celebrativa. Oltre 400 iscritti provenienti da vari Paesi europei approfondiranno il tema Il Codice: una riforma voluta e richiesta dal Concilio. ”Un titolo che sintetizza la natura stessa del documento”, commenta il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del dicastero.

In che senso?

Già nel primo annuncio del Concilio fatto da Giovanni XXIII il Papa mise insieme anche la riforma del Codice di diritto canonico. Possiamo dire che il Codice è l’ultimo documento del Vaticano II. C’è una stretta connessione: è il Concilio che ha voluto il Codice. Anche se poi ci sono voluti molti anni per promulgarlo.

Negli inviti c'è la foto di Giovanni Paolo II che firma, il 25 gennaio 1983, il documento con accanto l’allora cardinale Ratzinger. Quasi una profezia?

La foto della firma della Costituzione Apostolica, e della conseguente promulgazione del Codice, mostra un Giovanni Paolo II firma con sguardo sorridente, pur consapevole del valore e della portata di tale firma, sotto lo sguardo attento e compiaciuto del cardinale Ratzinger. Direi che in questa storica immagine si può leggere un futuro passaggio di consegne a significare che il diritto canonico rappresenta le fondamenta del governo della Chiesa.

Qual è l’importanza del Codice?

Il Concilio ha promulgato una serie di documenti, ma poi per la prassi della Chiesa è indispensabile il Codice, gli elementi essenziali del Concilio sono stati trasferiti in punti chiave per presentarli al popolo di Dio. Il Codice recepisce la dottrina e crea delle strutture che permettono  di tradurre in operatività questa dottrina.

Per esempio?

Sui fedeli laici il Concilio dice che essi hanno il diritto dovere di dire ai pastori il loro pensiero sul bene della Chiesa in modo che i pastori quando prendono le decisioni le prendono anche avendo sentito il giudizio dei laivci. È una frase di Lumen Gentium ripresa dal Codice con le stesse parole. Se un laico vuol sapere chi è può andare a prendere il Concilio, il Catechismo o il Codice. Quest’ultimo, però, in più crea una struttura, cioè il consiglio pastorale parrocchiale, nel quale il laico può esprimere il suo pensiero. Il consiglio pastorale parrocchiale così come il Sinodo dei vescovi per esercitare il collegio episcopale non ci sarebbero senza il Codice. Si può dire che esso riflette il Concilio e poi lo porta avanti operativamente.

State studiando degli aggiornamenti. Su quali punti?

Sul diritto matrimoniale e sulla lunghezza dei processi di annullamento, sulle diverse conseguenze delle migrazioni per quanto riguarda, in particolare, la mescolanza dei fedeli di diritto latino e di diritto orientale. E poi ci sono delle integrazioni importanti. In particolare? Tutto ciò che riguarda le donazioni, per esempio. Ci sono delle norme precise per quanto riguarda i lasciti, i testamenti, le donazioni. Sembrano aspetti molto tecnici però non possono non interessare i fedeli. Se voglio beneficare la Chiesa con un mio atto di donazione devo sapere come viene tutelato questo mio atto. E poi saranno integrati nei canoni del codice anche le nuove norme sugli abusi e sulla pedofilia. Ci stiamo lavorando da anni, ma dovremmo essere in dirittura d’arrivo.

Annachiara Valle
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