Dimissioni del Papa: la reazione negli Usa

Negli Stati Uniti, dove il 25% della popolazione si dichiara cattolica, la notizia ha colto tutti di sopresa anche se non ha monopolizzato i palinsesti dei maggiori network tv.

12/02/2013

“La notizia che proprio non ci saremmo mai aspettati e che proprio oggi, invece, è arrivata” come l’ha definita il conduttore Scott Pelley aprendo l’edizione serale del tg della CBS, ha sì riempito i palinsesti televisivi americani ma in fondo non li ha sconvolti o rivoluzionati più di tanto. I tre network principali, la CBS appunto, e i suoi concorrenti storici ABC e NBC hanno aperto i loro tg con almeno tre servizi, completi di dirette dal Vaticano, in piena notte visto il fuso orario, in cui i corrispondenti dopo aver raccontato la cronaca di una giornata a dir poco surreale già ragionavano di successione spiegando tempi, regole e soprattutto azzardando pronostici su eventuali candidati.
Poi, la foto (onnipresente) suggestiva e simbolica del fulmine che colpisce la cupola di San Pietro, uno stacco pubblicitario, e al rientro in studio si parla gia’ d’altro.

Certo anche in America dove i cattolici sono oltre 77 milioni (uno su 4) le dimissioni di Benedetto XVI sorprendono un po’ tutti, compreso il Cardinal Timothy Dolan arcivescovo di New York che dopo essere stato intervistato da tutti i canali allnews fa il giro dei network a dire semplicemente di non sapere cosa aspetta, ne’ lui ne’ gli altri cardinali chiamati a scegliere il 266esimo pontefice con il 265esimo ancora vivo e vegeto. Altrettanto sorpresi e dubbiosi tutti gli intervistati, dai vescovi ai pochi fedeli intercettati davanti alle chiese in un lunedì mattina qualunque.

“Che cosa fa’ un Papa in pensione?” si chiedono i conduttori e gli esperti raggiunti all’ultimo minuto, alternatisi per tutto il giorno su CNN FOX e MSNBC che dopo la copertura fiume delle prime ore del mattino – qui la notizia è arrivata che non erano ancora le sei - più volte durante il giorno sono tornati sull’argomento, e soprattutto “quanto pesa la sua presenza nella scelta, prima, e nell’operato, poi, del suo successore?”

La storica dichiarazione di Papa Ratzinger insomma con tutte le implicazioni del caso domina la giornata televisiva ma non la sconvolge: qualche minuto di riflessioni sui perché’ dell’inaspettato gesto e sui possibili scenari futuri del cattolicesimo in America e nel mondo, poi la tempesta di neve nel Nord est, il tornado in Mississippi, la caccia all’uomo del “Rambo” vendicativo in California e soprattutto l’attesa per il discorso di stasera alle Camere riunite del presidente Obama (la cui dichiarazione di rispetto e apprezzamento per il Pontefice dimissionario è stata praticamente ignorata dalle TV), riportano i telespettatori americani a temi che in fondo li riguardano, almeno geograficamente, più da vicino.

Più approfondita la copertura della carta stampata sui cui siti web abbondano oltre alla cronaca anche analisi e commenti. Il New York Times descrive la Chiesa come “a un crocevia” tra le aperture ecumeniche al mondo moderno, specie a quello extraeuropeo dove vive la stragrande maggioranza del miliardo di cattolici dichiarati del pianeta, o la tendenza verso una comunità più ristretta di Cattolici ferventi, dogmatici e conservatori.

Il Washington Post dal canto suo avanza l’ipotesi che la decisione di Papa Benedetto sia coerente con l’immagine di quello che l’autorevole quotidiano della capitale definisce un “manager coscienzioso”, che ha tentato durante un pontificato difficile, e non sempre con successo, di “ridare trasparenza ad una gerontocrazia popolata da capi-dipartimento che spesso la governano senza dover rispondere del loro operato a nessuno.”

Di fatto gli scandali che hanno appesantito il mandato di Papa Ratzinger non sfuggono agli americani: dal discorso di Ratisbona che tanto irritò il mondo islamico al recente Vatileaks, e più di tutti per ovvi motivi geografici quello della pedofilia, esploso proprio qui all’inizio degli anni 2000 – come non sfugge il coraggio con cui Benedetto XVI nella sua visita pastorale nell’aprile 2008 affrontò la questione incontrando di persona alcune vittime.

In realtà i media - televisivi, cartacei o digitali che siano - sembrano tutti d’accordo su due punti: il fatto che il pontificato che si concluderà il 28 febbraio prossimo sia stato per molti versi problematico e, anche se tra le righe, la sensazione che il prossimo abbia l’opportunità di “far ripartire”, la Chiesa di Roma negli USA, (paese dove i cattolici, malgrado la crescita tra gli ispanici, continuano a perdere terreno a vantaggio delle denominazioni evangeliche protestanti.) Magari con una scossa, proprio come quel fulmine sul Cupolone.

Stefano Salimbeni
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