E Milano li manda a scuola

L'arcivescovo, il cardinale Angelo Scola, ha inaugurato la quinta edizione della Scuola di formazione sociale e politica della diocesi. L'invito ai giovani a rimboccarsi le maniche.

22/09/2012
Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano.
Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano.

Una scuola per giovani testimoni, un banco di prova per cercare di far corrispondere le esigenze delle prossime generazioni alla voglia di non restare a guardare come spettatori senza parola. L’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha inaugurato la quinta edizione della scuola socio politica per i giovani della Diocesi di Milano, una realtà ormai consolidata che negli anni ha visto la partecipazione di centinaia di ragazzi.


In un momento in cui l’antipolitica è il primo partito d’Italia, la possibilità che i giovani si avvicinino alla cosa pubblica potrebbe sembrare un’eventualità remota. Eppure le nuove generazioni non hanno smesso di riflettere, non vogliono più tacere il proprio disagio nei confronti di chi non risponde alle esigenze della collettività ma piuttosto a quelle del proprio tornaconto. La Scuola di formazione della Diocesi di Milano vuole dare ascolto e educare tutti coloro che sentono questo desiderio, che vedono nella politica, oggi sempre più imbruttita da scandali e ruberie, una risposta alla necessità di testimoniare e servire la comunità civile con il proprio impegno. La possibilità di essere spaventati dagli eventi del proprio tempo, e per questo non portare a compimento il proprio dovere di testimonianza, resta il pericolo più grande, come sottolinea l’arcivescovo Scola nella Lettera pastorale Alla scoperta del Dio vicino: «La tentazione di restare muti di fronte alle grandi questioni del nostro tempo mortificando la luce del Vangelo e degli orientamenti culturali che dal Vangelo nascono accogliendo le provocazioni del presente, mette alla prova la fede».

E’ dalla voglia di non sottrarsi al necessario rinnovamento della società che deve scaturire la volontà di mettersi in gioco, guidati però anche dagli insegnamenti che la Scuola di formazione propone sotto forma di laboratori e incontri con studiosi di altissimo livello. «Competenza, prudenza e realismo» sono, secondo l’arcivescovo Scola, le virtù più importanti per un politico o per chi, pur senza un’elezione che ne confermi il diritto alla rappresentanza, per ciascuno che porti a termine la testimonianza che completi il proprio senso civico.

La crisi della politica non è più da considerarsi come un momento passeggero nella storia d’Italia. Troppo spesso la cronaca riporta di scandali etici o di divisioni partitiche che nulla hanno a che vedere con le reali necessità di una società che evolve e cresce, per il benessere dei cittadini e del territorio su cui germogliano le rispettive famiglie. Tuttavia non è con le rivoluzioni fatte di scope o espulsioni eccellenti da questo o quel partito che si risolvono il malcostume e il malessere diffuso. La prospettiva cristiana allora ribalta il problema, e rimette al centro del dibattito la persona prima dell’idea. Nel caso specifico meglio ancora se la persona abbia ricevuto una formazione adeguata, un insegnamento che non sia funzionale solo al raggiungimento di un obiettivo, quanto piuttosto alla testimonianza vera del proprio credo, senza calcolare l’esito della propria azione in base alla possibilità di riuscita.

Una prospettiva nuova, fresca, in netto contrasto con i dibattiti di questi mesi, tesi a cogliere prima il voto degli elettori piuttosto che i veri bisogni della gente. L’idea di poter “perdere consenso” fine a se stesso è l’incubo dei politici oggi al potere, invece che la consapevolezza che il consenso cresce rispondendo davvero alle domande degli elettori e delle future generazioni. La Scuola della Diocesi di Milano non pretende di formare nuove classi politiche, probabilmente pochi di coloro che partecipano hanno davvero l’intento di candidarsi. Tuttavia si pone come obiettivo la formazione di una società più consapevole, che conosce meglio le logiche del viver civile. 

Una differenza fondamentale anche nella presentazione del cardinale Scola che sottolinea come la comunicazione della verità passi dalla conoscenza della realtà. Temi complessi per cercare di sbrogliare problemi semplici, questioni irrisolte che hanno col tempo creato quel cortocircuito culturale che oggi non rende la politica attraente, ma al contrario sinonimo di malaffare e arrivismo personale. Un percorso che ritornerà alla Croce di Gesù e che porterà per mano i partecipanti alla Scuola attraverso seminari sull’acqua, sulla polis, sul futuro e sulla fede. Un percorso che deve servire affinché tutti si sentano testimoni contagiati da questa sana e trasparente voglia di migliorare insieme la società in cui viviamo, senza voler rottamare nessuno, per citare di nuovo l’Arcivescovo, piuttosto partendo dall’auto-rottamazione.

Stefano Fumagalli
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Postato da Franco Salis il 23/09/2012 09:30

Ma Scola mi sembra un po’ giù di memoria. Se facessimo una gara io la perderei senz’altro sulle cose correnti, ma la vincerei di gran lunga su quelle passate (passate di anni, non di secoli). Quando Mariotto Segni faceva la sua ( e nostra) battaglia politica sul cambiamento è stato ostacolato dalla [(santa) ma come fate a continuare a chiamare santa un luogo in cui ha la meglio il maligno] Sede, che ancora sperava nell’unità della D.C. Scola ha dimenticato che non è mai esistito il partito “DEI” cattolici, ma solo “DI” cattolici. La proprietà nell’uso del partitivo non è solo una questione grammaticale, ma rifletteva o voleva riflettere, quella sulla natura del partito. Prima ancora, ma non sono passati secoli, si parlava, a proposito del simbolo scudo crociato con la dicitura “DEMOCRAZIA CRISTIANA”, quel cristiana era da intendersi non come aggettivo, ma come ispirazione cristiana. Ma quando la (Santa ) Sede ha realizzato che quell’era era finita, allora si inventò la nuova formula: I cristiani possono militare in qualsiasi partito, ma in qualsiasi partito devono testimoniare i loro valori. Hoplà Il cardinale ripete le stesse cose a distanza di oltre un ventennio. Però dimentica due cose (due per non imperversare), primo è di questa settimana lo scandalo di don Domenico Laddaga che ha goduto di ampia solidarietà del suo vescovo che non si è scandalizzato come Bagnasco per i fatti del Consiglio Regionale laziale: Scontata la spiegazione : non è peccato truffare se beneficiario è la gerarchia ecclesiastica locale o un suo tentacolo. Siccome ho già detto che la mia memoria vacilla , chi vuole essere così gentile da ricordarmi come lo Stato della Città del Vaticano è venuto in possesso dei circa 430 ettari su cui sono state erette le antenne inquinanti e latrici di morte? A quel timido interlocutore che non fa il mio nome, nonostante autorizzato, rispondo senza fare il suo nome ( pan per focaccia): si è vero che Gesù ci invita a correggerci l’un l’altro con carità, ma questo riguarda i “peccata quotidiana”, ma quando si è trattato di cose gravi ha usato la frusta a sette liste e ha rovesciato per terra i tavoli dei cambia valute, sbattendoli fuori di brutto. Ora altro interlocutore, Brunoi, che invece ha fatto con mio piacere il mio nome, rispondo si ,è vero non sono Dio, ma seguo l’insegnamento di Suo Figlio, per quanto compatibile con le mie fragilità. Ohi ,ohi, su maridu de Franzisca, e quello va per le spicce, non si perde in chiacchiere. Ciao

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