Quale Dio per i giovani?

Oggi, in Italia, si dichiara apertamente cattolico soltanto il 52,8 per cento di coloro che hanno tra 18 e 29 anni; era il 66,9 nel 2004. Una ricerca dei sociologi Iard.

22/04/2010
I giovani esprimono un desiderio di "assoluto", ma spesso fuori dalla Chiesa. Si afferma una religiosità fai-da-te.
I giovani esprimono un desiderio di "assoluto", ma spesso fuori dalla Chiesa. Si afferma una religiosità fai-da-te.

Meno quattordici per cento in appena sei anni. Ma tra chi persevera aumentano i convinti, grazie all'efficace testimonianza di sacerdoti, catechisti e animatori, e grazie anche al "calore" di grandi eventi, come le Giornate mondiali della gioventù. Oggi si dichiara apertamente cattolico solo il 52,8 per cento dei giovani italiani d’età compresa tra i 18 e i 29 anni: nel 2004, era il 66,9. Alla forte riduzione della percentuale di chi si dice cattolico non corrisponde, però, una riduzione netta di chi ritiene importante la religione per la propria vita (si scende appena del 3 per cento), ma, anzi, si registra un leggero aumento di chi la definisce “molto importante” (l’incremento è dell’1,8 per cento). In generale, alla fede viene  riconosciuta una funzione di sostegno sia psicologico che relazionale) e di guida (offre un senso, dà speranza); meno un valore di riferimento morale. La fiducia nella Chiesa crolla tra i non credenti (soltanto il 2 per cento la definisce “alta” o “molta alta”)  e si affievolisce tra i praticanti, attestandosi al 39 per cento.

     È quanto emerge da una ricerca realizzata dall’Istituto Iard che – su commissione della diocesi di Novara, nell’ambito del progetto Passio 2010 – ha indagato sul rapporto che le nuove generazioni di italiani hanno con la fede. Le rilevazioni sono state effettuate nella seconda metà di marzo, su un campione di mille persone, rappresentative della differente realtà del nostro Paese. Rispetto alle recenti indagini, e in particolare a quella del 2004, si osservano in particolare due fenomeni. Si tratta di una conferma e di una parziale novità. Da un lato, infatti, si rafforza la religiosità del “fai-da-te” di cui i sociologi parlano da decenni. Dall’altro si assiste a una polarizzazione delle scelte: chi rimane cattolico è sempre più convinto; quanti non lo sono mai stati o non lo sono più dimostrano una distanza maggiore dalla Chiesa di Roma, talvolta una vera e propria ostilità, pur coltivando un certo interesse per la dimensione spirituale. Fanno irruzione in questo delicato campo meccanismi tipici del tifo calcistico. O di qua o là, con una passione da ultrà.

Nel video allegato presentiamo le riflessioni di Silvio Barbaglia (diocesi di Novara), del sociologo Riccardo Grassi e di don Domenico Benvenuti (Servizio nazionale per la pastorale giovanile). Sul numero 17 di Famiglia Cristiana, in edicola a partire dal 21 aprile, intervengono, invece, il sociologo Luca Diotallevi e don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana.

Alberto Chiara
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Postato da pe vicente il 27/04/2010 14:43

OK! Andrea Luca. Confermo la tua sottolinature: I giovani vogliono risposte, non accettano ingiustizie, non sono tolleranti. Hanno grandi energie, non dobbiamo disperderle ma valorizzarle con oratori accoglienti, con educatori validi. Non dobbiamo accontentarci del 50% che poi scenderà ancora se non sappiamo dare testimonianza in ogni modo.

Postato da andrea luca il 23/04/2010 05:21

Vi prego di smentirmi se i vostri dati sono diversi e più recenti dei miei. A me risulta che più del 90% delle famiglie italiane fanno ancora battezzare i figli, che almeno il 70% li manda a catechismo, che più del 90% scelga di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica fino alle elementari e medie. Le ragioni possono essere diverse. Col Battesimo si fa una festa e poi non fa mai male, a scuola se scelgo di non fare religione chissà dove va il bambino; ma il catechismo è un impegno in più in concorrenza con mille altre attività (calcio, nuoto, danza...). Allora c'è ancora ricerca di Dio!? E noi come rispondiamo? Sacerdoti, insegnanti, catechisti: sappiamo gettare le reti, dare risposte non solo a parole ma offrendo valori alternativi a quelli imperanti? O ci alleiamo coi potenti e li giustifichiamo? Ci adeguiamo alla moda, annacquiamo il nostro messaggio, siamo capaci di testimoniare? I giovani vogliono risposte, non accettano ingiustizie, non sono tolleranti. Hanno grandi energie, non dobbiamo disperderle ma valorizzarle con oratori accoglienti, con educatori validi. Non dobbiamo accontentarci del 50% che poi scenderà ancora se non sappiamo dare testimonianza in ogni modo, anche con questa bella rivista che dovrebbe essere ancora più letta. Andrea

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