12/01/2011
Immigrati in Italia
Una politica sulle migrazioni, alzando lo sguardo oltre l’immediato. E’ quanto chiedono le Caritas Diocesane del Nordest in merito al decreto flussi del Governo. Lo spiega il Delegato Triveneto (e direttore della Caritas diocesana di Vicenza) don Giovanni Sandonà: “Se questo governo, a volte perfino ossessionato dal problema migratorio, arriva a prevedere un flusso di ingresso per centomila stranieri vorrà pur significare qualcosa. Questi flussi di ingresso infatti sono anche il frutto di accordi con 19 Paesi stranieri, di patti che coinvolgono le autorità di queste nazioni al fine di combattere le strade dell’immigrazione clandestina, spesso in mano alla grossa criminalità organizzata. A questi Paesi viene offerta, in cambio di collaborazione, una possibilità di immigrazione regolare per i loro cittadini. La Caritas non sta in silenzio quando il contrasto all’immigrazione irregolare avviene senza rispetto dei diritti umani, ma è irrealistico pensare che tappare ogni possibilità di ingresso legale sia una strada che porti da qualche parte. Il rischio è legittimare, nella pratica dei fatti, solo la strada della clandestinità gestita dalle organizzazioni criminali”.
E aggiunge: “Questa volta il decreto, oltre ad essere in ritardo, ha numeri ridotti rispetto agli anni precedenti, immagino proprio per la situazione economica generale. Sono cresciute le quote riservate alla conversione del permesso da parte chi studia, è già qui e magari un lavoro ce l’ha già. Questo Paese ha investito in chi ha il permesso per studio o tirocinio: in formazione e inserimento sociale. Il problema dell’occupazione non si risolve semplicemente mandando via un po’ di persone. Lo sviluppo comincia col fare tesoro del capitale umano che c’è. Un’altra parte di ingressi è stata poi affidata alle Regioni per i progetti di formazione all’estero: è una modalità diversa di preparare e progettare gli ingressi, coinvolgendo enti locali, enti formativi, organizzazioni sociali ed economiche su cui molti si sono spesi nel recente passato. Va riconosciuto invece che è stato fatto tesoro dell’esperienza, non sempre positiva, di questi anni: i posti disponibili saranno distribuiti tra le Regioni dopo che le domande sono state presentate. Questo consentirà di valutare chi ha fatto domanda, per quali lavoratori e in che numero. Parleremo quindi di numeri effettivi e di richieste alle quali bisognerà pur capire che tipo di risposta dare”.
Per le Caritas del Nordest non si può pensare di importare ed esportare, sul piano economico e commerciale, con quattro continenti e non immaginare che ci sia anche una quota di persone che si trasferiscono. “La conseguenza – sottolinea il Delegato Triveneto - di questo atteggiamento è quello di rassegnarci a provvedimenti che prendono atto, a posteriori, di situazioni diffuse di clandestinità, o a condannare alla marginalità perenne una quota di persone che vivono tra noi. Nessuno si nasconde infatti che non mancano le famiglie che hanno ancora badanti irregolari o, come è avvenuto dopo la regolarizzazione di settembre, lavoratori senza permesso che protestano sulle gru. Sono persone che magari non sono riuscite a rinnovare il titolo di soggiorno. Il periodo di ricerca lavoro per uno straniero infatti è di soli sei mesi, per cui capita che chi vive qui da qualche anno, anche con la famiglia si ritrova da capo senza permesso. L’ipocrisia magari sta in questo: che questi decreti diventano l’occasione impropria per sistemare queste situazioni”.
La lunga nota di precisazione della Caritas del Triveneto è stata pubblicata in seguito alla intervista di don Dino Pistolato, direttore della Caritas di Venezia, al Corriere delle Sera di martedì 11 gennaio, il quale aveva detto no ad un nuovo decreto flussi, perché l’ingresso di 100 mila stranieri in una situazione di crisi economica rischia di innescare una “guerra tra poveri”. A don Pisolato aveva risposto polemicamente monsignor Giuseppe Pasini, storico direttore nazionale di Caritas italiana e presidente della Fondazione Cancan: “Bloccare il flusso perché non abbiamo adeguate disponibilità economiche significa non garantire il diritto all’accoglienza. Nella sua dichiarazione don Pisolato non ha tenuto conto di questo aspetto, che potrà essere anche ritenuto marginale, ma che per me non lo è”.
Alberto Bobbio