In volo su Roma, oggi e 53 anni fa

Il Papa lascia il Vaticano su un elicottero che sorvola Roma fino a Castel Gandolfo. Nel 1960, Fellini inizia La dolce vita con un Cristo che, in elicottero, compie il viaggio inverso.

01/03/2013

Non sembri irriverente ma è accaduto anche questo, in quei minuti nei quali Benedetto XVI sorvolava Roma per andare a Castel Gandolfo. A molti romani quell’elicottero ha riportato alla mente qualcosa già visto, altrove. Già, ma dove? Alla fine, la memoria ha vinto e il ricordo è diventato nitido. Come in un percorso di andata e ritorno, infatti, a quei romani storicamente svezzati a fatti di ogni genere, è sembrato che stesse terminando un viaggio, certamente casuale e immaginario, ma ugualmente denso di significati.  La partenza è datata 1960, anno in cui uscì nelle sale cinematografiche La dolce vita, di Federico Fellini. Ci furono polemiche al calor bianco su quell’opera che sarebbe diventata pietra miliare del cinema e foto indelebile di un’epoca: sputi verso il regista alla sera della prima milanese; interrogazioni parlamentari; qualche attacco dell’Osservatore romano; la generosa, appassionata difesa che il gesuita padre Angelo Arpa fece del regista riminese.

E qui interessa, a più di 50 anni di distanza, l’ennesima capacità “profetica” di Fellini nel rappresentare gli aspetti di vita minima del popolo italiano. Le immagini che Fellini ci ha lasciato coi suoi film finiscono quasi sempre per avere un riscontro anche nella realtà, e a questa casistica si lega anche l’ultimo viaggio di papa Benedetto XVI. La dolce vita si apriva con due elicotteri, il primo dei quali trasportava un Cristo dai Castelli romani verso il Vaticano, volteggiando sulle periferie a sud della capitale e sui tanti cantieri aperti in quell’epoca di boom edilizio. Il viaggio di papa Ratzinger ha avuto l’identico percorso, ma all’inverso: dal Vaticano ai Castelli, a Castelgandolfo.  Lì una statua. Qui una persona. Lì una città in movimento che si animava di mille speranze. Qui la metropoli che assiste a un addio muovendo, disilluso, gli occhi all’insù. Le antichità ammirate da tutti, e poi i palazzoni delle periferie popolari, un po’ meno certe di passare alla storia e, infine, oltre l’Acquedotto Claudio, i primi contrafforti dei colli Albani.

Da lì partiva il Cristo felliniano verso la sua sede vaticana. Lì il 28 febbraio 2013 è arrivato l’uomo più vicino a Dio, che lascia il Vaticano. Se ne La dolce vita l’intento era di mettere in guardia – fin dalle prime immagini - da un possibile futuro fatto di decadenza culturale e sociale, nel gesto di Benedetto XVI s’intravvede, al contrario, il coraggio misericordioso di voler aprire una nuova era proprio da un simbolico viaggio, che appare come un percorso a ritroso.

Chissà se il Papa avrà avuto voglia di guardare giù, su quella città, “eterna” e sempre pronta a fare da spettatrice di ogni evento come fosse la cosa più normale del mondo. Se l’ha fatto, e qualche occhiata, in ogni caso, l’avrà pur data, avrà visto che là, sotto quell’elicottero, non ci sono più ragazzi vocianti che seguono, festanti e in gruppo, giocosi e felici, il volo, come li mostrava Fellini. Ma una società mista, anzi mischiata, di giovani senza occupazioni e anziani che per gli eredi non possono più fare alcunché; donne e uomini di varie etnie, e un ambiente malaticcio, fatto di cemento che ha divorato nell’indifferenza tutto il verde che poteva ingoiare.

Quell’elicottero col Cristo a mani aperte era un invito, un trampolino verso il futuro, bello o brutto sarebbe dipeso solo da noi. Cristo sembrava benedire l’intera città. Quest’elicottero, invece, ci invita a considerare come possa essere rivoluzionario il gesto di sottrarsi, di saper fare, anche, un passo indietro. E se cinquant’anni fa lo stimolo arrivava da parole come sviluppo e crescita, ora sembra arrivare da parole come solidarietà e bene comune.

Manuel Gandin
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Postato da brunoi il 04/03/2013 14:16

@profe probabilemnte il servizio elicottero dell'Aeronautica italiana utilizzato per il trasporto di B16 a Gastelgandolfo rientra negli accordi concordatari.Ma considerando che Lei ne fa' una questione economica a carico degli italiani,La consiglio di leggere un articolo di Filippo Di Giacomo apparso su "Il Venerdi" del 22.2.13 dal titolo "Per lo stato italiano la Chiesa é un affare". Tralasciando i 10 milioni di pellegrini e turisti che ogni anno si recano a Roma per vedere il Papa e visitare il Vaticano e che lasciano fior di quattrini,il suddeto articolo parla anche delle parrocchie italiane che aiutano il nostro sistema sociale per almeno 260 milioni di euro,le mense per i poveri distribuiscono 6 milioni di pasti spendendo 27 milioni di euro. Le scuole paritarie cattoliche fanno risparmiare allo Stato oltre 4,5 miliardi di euro all'anno,la formazione professionale cattolica integra quella statale per circa 370 milioni di euro,mentre la sanita' cattolica aiuta quella pubblica per 1,2 miliardi di euro annui. L'articolo continua con le comuniuta' terapeutiche di ispirazione cattolica,la salvaguardia del patrimnio culturale ecc. Dall'inchiesda di Rusconi emerge un ndato certo:la Chiesa rende alla societa'civile italiana almeno 11 miliardi di euro l'anno. Con questi dati si puo' anche tollerare un servizio di elicottero al Papa,che ne dice?

Postato da Profe il 03/03/2013 10:57

Mi piace il paragone fra i due voli, quello immaginifico de "La dolce vita" e quello reale del papa. Tuttavia, a parte le considerazioni sulla rinuncia papale al soglio pontificio (cui aggiungerei un metaforico "pugno nello stomaco"alla curia), vedendo partire Benedetto XVI sull'elicottero, mi ha dato fastidio constatare che si trattava di un veicolo dellla Repubblica Italiana (ho poi saputo che è dell'Areonautica Militare): davvero lo Stato del Vaticano non dispone di mezzi propri? Capisco i doni fatti da enti o da privati, ma non che i contribuenti italiani debbano sobbarcarsi (fra tanti altri, ovviamente) anche tali costi. E' vero che la mia sembra un'osservazione simile a quello di chi rimproverava Maria di "sprecare"l'unguento prezioso che poteva essere venduto ecc., però l'unguento l'aveva comprato lei, invece in questo caso i soldi provengono da tutti, non solo dai cattolici. Forse è il momento, fra le tante riforme, di decidere l'autotassazione volontaria pro chiesa,come accade in altri Paesi.

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