Il Papa: unire i cristiani è un dovere

Benedetto XVI ha presieduto la celebrazione di preghiera a San Paolo fuori le Mura, insieme con numerosi rappresentanti delle Chiese cristiane

25/01/2012

La preghiera per l’unità dei cristiani «non è altro che partecipazione alla realizzazione del progetto divino per la Chiesa, e l’impegno operoso per il ristabilimento dell’unità è un dovere e una grande responsabilità per tutti». Presiedendo la celebrazione dei Vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura, in occasione della solennità della conversione di san Paolo, Benedetto XVI ha espresso con chiarezza, dinanzi a numerosi rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma, il senso della consueta Settimana di preghiera, che quest’anno si è svolta per la quarantacinquesima volta.

Il Pontefice, riflettendo sulla «situazione dolorosa della divisione», ha affermato che «noi cristiani possiamo e dobbiamo guardare al futuro con speranza, in quanto la vittoria di Cristo significa il superamento di tutto ciò che ci trattiene dal condividere la pienezza di vita con lui e con gli altri». Tale consapevolezza «chiama tutti noi cristiani ad agire insieme nella causa del bene: uniti in Cristo, siamo chiamati a condividere la sua missione, che è quella di portare la speranza là dove dominano l’ingiustizia, l’odio e la disperazione».

Proprio perché le divisioni fra i cristiani «rendono meno luminosa la nostra testimonianza a Cristo», ha proseguito papa Ratzinger, «il traguardo della piena unità, che attendiamo in operosa speranza e per la quale con fiducia preghiamo, è una vittoria non secondaria, ma importante per il bene della famiglia umana». Ma in ogni caso, ha significativamente sottolineato, l’idea cristiana di vittoria non è quella del mondo, associata a un successo immediato.

Si tratta piuttosto di «un lungo e, agli occhi di noi uomini, non sempre lineare processo di trasformazione e di crescita nel bene», che «avviene secondo i tempi di Dio, non i nostri, e richiede da noi profonda fede e paziente perseveranza». È in questa disposizione che «trovano il loro pieno significato la nostra preghiera ed il nostro impegno quotidiani per l’unità dei cristiani». E in ogni caso, ha concluso Benedetto XVI, «l’atteggiamento di attesa paziente non significa passività o rassegnazione, ma risposta pronta e attenta a ogni possibilità di comunione e fratellanza che il Signore ci dona».

Saverio Gaeta
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Postato da Franco Salis il 30/01/2012 23:34

@ nicolag il 29/01/2012 01.58,"Benedetto XVI per dare concretezza alla speranza dovrebbe iniziare a fare altrettanto in fatto di ecumenismo". Ma sai che sei ingenuo! come fai a pensare che il Papa creda all'ecumenismo,quando la condizione per ciò sarebbe rinunciare ad essere "SOVRANO ASSOLUTO DELLO STATO DELLA CITTA' DEL VATICANO,essere unico depositario della Verità,rinunciare all'organizzazione vertististica in netto contrasto con la Chiesa voluta da Gesù.

Postato da nicolag il 29/01/2012 01:58

Il Pontefice coglie nel segno quando dice che “uniti in Cristo,siamo chiamati a condividere la sua missione”. Poi però pare che parli di lungo processo che “avviene secondo i tempi di Dio,non i nostri”. Se tale conclusione è stata riportata fedelmente, c’è poco da sperare nell’unità dei cristiani,proprio perché Dio non c’entra proprio niente. C’entra solo il reciproco egoismo. Moro in politica parlava di convergenze parallele,che dettero concretamente origine ai governi di centro-sinistra. Benedetto XVI per dare concretezza alla speranza dovrebbe iniziare a fare altrettanto in fatto di ecumenismo. Promuovere un cammino insieme allo scopo di condividere la missione di Cristo,marginalizzando i motivi di divisione ed eliminando decisamente quelli che con quella missione non hanno proprio nulla a che vedere.La preghiera poi,per far sì che venga esaudita, dovrebbe essere rivolta ad illuminare la propria mente più che quella degli altri.Lo spirito cristiano sta proprio in questo.

Postato da Franco Salis il 27/01/2012 14:10

@ Enzotp il 26/01/2012 22.16,FUORI I NOMI ! non è elegante lanciare il sasso e nascondere la mano!Ciao

Postato da Enzotp il 26/01/2012 22:16

Sono d'accordo con il nostro Papa e spero tantissimo che si riesca a raggiungere al più presto l'unità fra tutti i cristiani. Nel frattempo vorrei invitare a riflettere sulle parole del Papa quei cattolici (pochi per fortuna, ma che purtroppo possono fare molto danno) che ogni tanto generano divisioni per un'errata interpretazione della loro appartenza a qualche gruppo cattolico.

Postato da Franco Salis il 26/01/2012 08:51

L’uso quanto mai gradevole della prima persona plurale è d’obbligo, solo perché il discorso è rivolto ai “numerosi rappresentanti delle Chiese cristiane”? Se non vado errato è stato per la prima volta Paolo VI a usare la prima persona singolare, quando rivolgendosi ai sequestratori di Aldo Moro, li ha implorati in ginocchio e in nome di Dio di restituirlo alla famiglia senza condizioni, perché uomo giusto (non ricordo bene se ha detto “giusto o buono). Se è vero che non è stato esaudito, è pur vero che a quella preghiera ha fatto seguito una serie di circostanze meno gravi, se non positive. Quindi debbo osservare che una volta tanto il Papa “si e ci” chiama in causa e non “pontifica”. Dice il Papa: “ uniti in Cristo, siamo chiamati a condividere la sua missione, che è quella di portare la speranza là dove dominano l’ingiustizia, l’odio e la disperazione”. Qui il Papa pecca di omissione. Perché non ha specificato quali sono i “là, cioè i luoghi” dove dominano “l’ingiustizia”? perché specificatamente non ha citato il Vaticano come luogo e se stesso come artefice di ingiustizia? Dice bene quando afferma “Si tratta piuttosto di «un lungo e, agli occhi di noi uomini, non sempre lineare processo di trasformazione e di crescita nel bene”. Abbiate pazienza io ragiono così, e, finché mi verrà concesso, lo manifesto. Gli altri manifestino il loro.

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