Meno preti? Scocca l'ora dei laici

A Como terminato il convegno del Centro di Orientamento Pastorale.

25/06/2010
Foto GETTY
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«Non vi serve un sosia del prete o un sacrista. Ora tocca a voi papà e mamme, nonni e nonne, ragazzi e giovani tenere viva la vostra chiesa, per tenere viva la vostra fede. Non ci può più essere nessuna mamma o papà che non insegna ai suoi figli ad amare Dio e lodarlo con le preghiere, non ci deve essere più nessun malato che resta solo, senza il conforto della santa comunione, sarà vostra cura tenere viva la preghiera per tutti, aprire la chiesetta per trovarvi a lodare il Signore, a invocarlo su tutta la vostra piccola comunità e a supplicarlo che perdoni tutto il male che si fa nel mondo, a far risuonare nella vostra vita la sua Parola, ad ascoltarla per calarla nel vostro cuore. I vostri poveri, le vostre famiglie rimaste senza nessuno che lavora, devono poter contare ancora sulla vostra solidarietà, come facevate prima quando era il prete a chiedervelo. Avete risorse da vendere, perché siete battezzati, costituiti sacerdoti re e profeti».

Così, in una lettera aperta ai "Parrocchiani senza prete", suona uno dei passaggi fondamentali la lettera che conclude la 60^ Settimana del Centro di Orientamento Pastorale (COP), celebrata a Capiago dal 21 al 24 giugno scorsi. Il titolo del raduno, Nuove forme di comunità cristiana. Le relazioni pastorali tra clero, religiosi, laici e territorio, prende spunto da una ricerca curata dal COP stesso presso le diocesi italiane sulle nuove forme di comunità parrocchiali che da qualche anno caratterizzano una nuova forma di attività pastorale territoriale. E' un dato di fatto ormai che sempre più chiese si trovino senza sacerdote o aggregate ad altre per una pastorale condivisa. E non sempre è facile accettarlo. La Settimana ha fatto il punto sulla situazione attuale cercando di leggerla e interpretarla alla luce dei "segni dei tempi".

«La parrocchia non è un dato di rivelazione, ma una espressione significativa e autorevole, nonché lungamente praticata e profondamente radicata, della creatività pastorale della Chiesa. La difficoltà di oggi può insorgere in particolare dalla tentazione di gestire in termini meramente organizzativi, dettati da gravi carenze di risorse di ogni genere, il passaggio da un modello a un altro saltando quel necessario processo di maturazione che solo garantisce a una struttura socio-religiosa di essere effettivamente frutto e spazio di vita ecclesiale». Questo uno dei passaggi più densi di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, nella sua relazione tenuta nell'ultimo giorno del convegno. Riconoscere allora «la peculiarità di questa stagione ecclesiale, ancora evolutivamente sospesa tra cattolicesimo popolare e processi di disaffezione e distanziamento dal cristianesimo e dalla Chiesa» resta uno dei punti di partenza per leggere la realtà ecclesiale attuale. In definitiva quindi «raccogliere la sfida del tempo presente significa non smettere di lavorare con il cattolicesimo di popolo senza per questo sottovalutare il processo di erosione che esso subisce».

La situazione attuale, secondo Monsignor Crociata, spinge la chiesa a «curare con maggiore attenzione la crescita e la maturazione di quanti nella comunità cristiana condividono responsabilità, dai ministri ordinati a coloro che svolgono le più svariate forme di collaborazione pastorale»; per questo sempre più oggi i laici sono chiamati «a svolgere un apostolato, partecipando all'apostolato gerarchico, da spendere non solo nelle parrocchie e nei movimenti, ma nell'impegno nei mondi della professione, della famiglia, della società... Il luogo dell'apostolato è infatti il mondo intero, poiché esso consiste nell'animazione delle realtà temporali».

Monsignor Domenico Sigalini, presidente del Cop e vescovo di Palestrina, concludendo i lavori ha invece sottolineato la priorità della «contemplazione dell'amore di Dio e la necessaria conversione della vita, invece della pianificazione delle attività; della risorsa umana, invece delle sole strutture; del guardarsi negli occhi, invece che guardare alle bacheche degli avvisi o in facebook; del progettare assieme dopo essersi confrontati, invece delle risposte privatistiche di sopravvivenza; della stima reciproca tra diversi carismi e ministeri, invece dell'antagonismo pastorale; della comunione dono da accogliere sempre da Dio, invece di tavoli di concertazione».

Stefano Stimamiglio
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Postato da FRANCO PETRAGLIA il 03/07/2010 14:59

LA NOSTRA NAZIONE, CON FORTISSIMA PERCENTUALE DI CATTOLICI, HA UNA PREOCCUPANTE PENURIA DI PASTORI D’ANIME. Il calo spaventevole e ingiustificato delle vocazioni sacerdotali è sotto gli occhi di tutti: sedi parrocchiali vacanti e preti che sono costretti a saltabeccare da una chiesa all’altra per colmare i vuoti. L’uomo, ahimè, non investe più nella parola di Dio, che è l’unico ad arricchire il suo cuore. Ha dimenticato che le linee fondamentali del retto cammino sono i dieci comandamenti. Egli si è lasciato sopraffare dal malcostume, dal consumismo sfrenato, dal paganesimo che imperversa nei paesi occidentali. Si è perduta la coscienza. Vi è rimasto solo un ricordo di vera fede. Non sappiamo valorizzare il dono della fede. Si voglia o non si voglia, sopra di noi pesa una colpa di vasta portata: l’abbandono dell’evangelizzazione, i valori della moralità, della solidarietà, della pace duratura, del rispetto: tutti valori cementati dall’amore celestiale che il Signore ci ha dato gratuitamente. Solo se ricostruiremo le coscienze degli uomini possiamo sperare in un ritorno alle vocazioni sacerdotali: unica luce che può illuminare la mente e l’animo umano e condurlo verso la via della verità e della soteriologia. Rivolgiamo un appello accorato al Padre Celeste affinchè Egli,che fa muovere tutti gli ostacoli terreni, possa far rinascere e rifiorire splendidamente i “fiori” dei campi. Lo stimolo che potrà dare il nostro attuale papa Ratzinger, che io stimo e apprezzo molto per la finezza del tratto e le grandi capacità teologiche e pastorali, sarà indubbiamente importante e determinante. Al momento posso solo dire: ave, spes unica! Ringrazio vivamente della cortese accoglienza e porgo i saluti più cordiali. Franco PetragliaCervinara (AV)

Postato da Andrea Annibale il 29/06/2010 10:15

Ho inviato un commento con un errore, per cui invio di nuovo il commento modificato e corretto. Grazie e scusate. Vorrei proporre alla Santa Chiesa, se non esiste già (io non ne sono a conoscenza) una devozione ed un giorno dell’anno dedicato alle santissime preghiere di Gesù e di Maria nei Vangeli. Gesù (spero di ricordare tutte le circostanze in cui prega), insegna la preghiera del Padre Nostro, prega con la preghiera di benedizione nell’Ultima cena, prega nel Getsèmani, e alla fine dice “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Maria prega con lo splendido Magnificat. Sarebbe bello se ci fosse, ripeto, una particolare devozione a queste preghiere di Gesù e della Madonna. Ciao

Postato da Andrea Annibale il 26/06/2010 19:33

Ho appena letto l’intervento del Cardinale Bertone sull’Osservatore Romano dal titolo “Sviluppo a braccia alzate”. Sono rimasto colpito dalla profondità e spiritualità dell’intervento del Cardinale. Vorrei dire che se per Max Weber la dottrina calvinista della predestinazione è stata l’anima del capitalismo nei Paesi protestanti, il lavoro imprenditoriale può anche in ambito cattolico essere visto come un mezzo di santificazione della propria vita come ci ha insegnato Escrivà. La parabola evangelica dei talenti (che certamente si riferisce anche ai talenti spirituali non solo a quelli materiali; e qui i teologi ne sanno più di me che sono un ex-giurista) mi sembra un impulso trascendente potente alla moltiplicazione della ricchezza mediante il lavoro. L’idolatria del profitto non può, a mio avviso, essere visto come la caratteristica di un intero sistema economico (per quanto qualunque sistema economico è transeunte e imperfetto, perché solo la Parola di Dio è perfetta ed eterna), ma semmai il vizio umano di una singola vicenda umana. Sono molto d’accordo con il cardinale Tarcisio Bertone laddove si domanda se la globalizzazione non richieda, oltre che una governance, un governo vero e proprio a livello mondiale dell’economia e della finanza, idea felice, purché, dice giustamente il cardinale, si realizzi alla luce del principio di sussidiarietà e non come governo monocratico. Personalmente, proposi proprio tramite il sito Internet di Famiglia Cristiana l’idea, per ora certo utopistica, di un imposta patrimoniale mondiale applicata da tutti i Paesi sotto l’egida di un’autorità sovranazionale, come potrebbe essere l’ONU. Il riferimento a chi specula contro i Paesi con alto debito pubblico, deve, a mio avviso essere completato da una critica severa alla finanza espansiva che ha portato alcuni Paesi ad indebitarsi in modo eccessivo e sarebbe forse il caso di inserire nella Costituzione un limite all’indebitamento dello Stato, come mi pare avvenga in Germania. Mi pare, inoltre, che Don Bosco dicesse che il lavoro deve diventare preghiera e questo vale anche per il lavoro imprenditoriale, che è il fulcro del sistema capitalista attuale, che dà lavoro a miliardi di persone. Certo, il modello economico che esclude da una cittadinanza sostanziale i soggetti “non produttivi”, “non competitivi” e “non consumatori” rende più che mai attuale il concetto di fratellanza cristiana, che invita alla valorizzazione del mondo della solidarietà, della carità, del non-profit. Non ci sono in economia cristiani di serie A e cristiani di serie B. Sono molti quelli che non possono lavorare perché bambini, invalidi, anziani e la società che dobbiamo costruire (si pensi anche all’esigenza di conciliare il lavoro con la maternità,dunque col ruolo fondamentale e indispensabile della famiglia) deve essere, con l’ispirazione che viene da Dio Padre e Dio Figlio, tramite la Madonna e lo Spirito Santo, a misura di ogni essere umano, promuovendone il rispetto, la felicità, in definitiva, come ricorda il Cardinale Bertone, i bisogni affettivi e psicologici e non solo quelli legati alla mera sopravvivenza economica. Ciao

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