Sindone, 44 giorni record

Il bilancio finale: oltre 2 milioni di pellegrini, 1.588 giornalisti accreditati, servizi sulle principali tv mondiali. Ma ha vinto soprattutto la dimensione spirituale dell'evento.

23/05/2010
Il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, durante la conferenza stampa di chiusura dell'ostensione 2010 (foto di Paolo Siccardi/Sync).
Il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, durante la conferenza stampa di chiusura dell'ostensione 2010 (foto di Paolo Siccardi/Sync).

Tra gli ultimi a vederla, molti gruppi provenienti dall’Austria, dalla Svizzera e dagli Stati Uniti d'America. Più, ancora, qualche autorità ecclesiastica giunta da lontano, come monsignor Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, capitale dello Sri Lanka, pellegrino insieme con decine di suoi connazionali. Senza trascurare personalità di rilievo come Cherie Blair, moglie dell’ex primo ministro britannico Tony Blair.
 
    Domenica 23 maggio è terminata l'ostensione della Sindone, cominciata sabato 10 aprile 2010.  I dati sono da record. Lunga 44 giorni, ha complessivamente visto passare 2.113.128 pellegrini, di cui circa 501.000 entrati dalla porta centrale del Duomo. Tra le regioni italiane più rappresentate, al primo posto s'è collocato il Piemonte con 766.388 persone, seguito da Lombardia (340.465),  Lazio (87.497), Veneto (81.917), Emilia Romagna (71.101) e Toscana (62.721). Tra le province più rappresentate: Torino con 620.543 pellegrini, Milano (172.622), Roma (69.903), Cuneo (62.731), Brescia (33.888), Varese (30.446), Bergamo (28.136) e Napoli (23.889).
 
     Tra gli stranieri – rappresentati tutti e 5 i continenti – il primato è andato ai francesi (26.899 persone in tutto), seguiti dai tedeschi (13.983) e dai polacchi (11.263). Dagli Stati Uniti si sono prenotati in 10.674. Tra gli asiatici, dal piccolo Sri Lanka 38 i pellegrini prenotati; dalla Malaysia 234, 2 dall’Oman. Dal Giappone 244; 426 dall’Australia, in 3 dalle Isole Figi, in 3 da Haiti e in 6 dal Paraguay. Per quanto riguarda il Sudamerica: 798 i brasiliani, 850 gli argentini. Tra gli africani: 156 egiziani, 40 dalle isole Mauritius e 21 camerounensi. Solo alcuni esempi, tra i tanti possibili.

     I giornalisti accreditati sono stati 1.588, 1.313 italiani e 275 stranieri. Servizi sulla Sindone e sull'ostensione sono stati redatti dalle più importanti agenzie di stampa (Associated press, Reuters, France Presse, Itar Tass, Ansa, Agi, Apcom, Adnkronos), pubblicati dai principali quotidiani italiani e non, messi in onda dalle più seguite reti televise (dalla Rai a Sky, da Mediaset alla Bbc, dall'Abc alla Cbs, dall'Nbc al Al Jazeera). 

     Cifre importanti,  segno del grande impatto sociale, pastorale e mediatico di un evento unico come l'ostensione. Ma che non ne hanno scalfito la natura più intima, più genuina, tutta spirituale, legata alla possibilità di pregare, in silenzio, di fronte a "quella" immagine che ci mostra un uomo flagellato, incoronato di spine, crocifisso e ferito al costato, in tutto simile - in quanto a dolore - al Gesù Cristo, torturato e ucciso, descritto dai Vangeli.
 
     «Sono contento in primo luogo per gli oltre due milioni di pellegrini giunti in questa città», ha dichiarato il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone nella conferenza stampa di chiusura,  «ma non è questa la prima ragione. Ho avuto in questi giorni la percezione chiara che il Signore parlava al cuore di questa gente, sia alle persone di fede sia ai pellegrini giunti dinanzi alla Sindone in cerca di risposte».

     «Chi è venuto ha trovato accoglienza e disponibilità»,  ha proseguito il cardinale Poletto, «e spero che possano ritornare a casa “avvolti” dalla  Sindone, simbolo dell’amore di Dio». L'arcivescovo di Torino ha rammentato l'anima più autentica dell’ostensione: «la vera ragione è spirituale perché la Sindone ci offre l’opportunità di rilanciare la fede in un tempo di smarrimento e di nebbia spirituale, riconciliandoci nella Parola di Dio».  

Alberto Chiara
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