Suor Enrichetta Alfieri

L'angelo di San Vittore che aiutò i partigiani. Sarà beatificata domenica 26 giugno a Milano.

22/06/2011
Suor Enrichetta Alfieri nel carcere milanese di San Vittore.
Suor Enrichetta Alfieri nel carcere milanese di San Vittore.

Per i detenuti milanesi e i loro familiari era “l’angelo di San Vittore”. Ma all’impegno in carcere suor Enrica Alfieri c’era arrivata per caso, o meglio, per provvidenza. Poiché, in realtà, la sua vocazione era la missione educativa nell’asilo infantile curato a Vercelli dalle Suore della carità di santa Giovanna Antida Thouret, fra le quali era entrata nel 1911, a vent’anni di età. Era, infatti, nata a Borgo Vercelli il 23 febbraio 1891. A soli 28 anni si ritrovò ammalata del morbo di Pott e fu costretta a lasciare la scuola.

Per quattro anni restò immobile a letto, soffrendo «con dignità, amore, dolcezza e fortezza», come scriveva alle consorelle. Da un viaggio a Lourdes riportò a casa una bottiglia di acqua benedetta, che iniziò a bere quotidianamente con fiducia. E il 25 febbraio 1923, dopo aver invocato la Madonna, sentì l’ordine: «Alzati». La voce della prodigiosa guarigione si diffuse in tutto il circondario e la superiora della comunità preferì allontanarla da Vercelli e inviarla presso il carcere di San Vittore a Milano, dove resterà sino alla morte, avvenuta il 23 novembre 1951.

Con la sua presenza, hanno raccontato i testimoni del processo di beatificazione, «accoglie, illumina e riscalda; con l’amore stempera le rabbie, le prepotenze, le volgarità e porta anche alla conversione». Durante l’occupazione nazifascista a Milano, accanto ai detenuti comuni vennero rinchiusi in carcere prigionieri politici, partigiani, ebrei. Suor Enrica riuscì a stabilire contatti clandestini e a passare informazioni e messaggi, e per questo motivo fu anche lei arrestata, il 23 settembre 1944. Per interessamento del cardinale Ildefonso Schuster le fu risparmiata la fucilazione, ma venne comunque internata nel campo di Grumello al Monte (Bergamo).

Il 7 maggio 1945 i responsabili del Comitato di liberazione nazionale la riaccompagnarono con tutti gli onori alla sua missione a San Vittore. Qui iniziò a occuparsi soprattutto delle detenute, cercando di migliorarne le condizioni di reclusione e di offrire prospettive per il loro rientro in società. Quando morì, per le conseguenze di una frattura al femore, esclamò: «Non credevo fosse così dolce morire». L’eroicità delle virtù è stata riconosciuta il 19 dicembre 2009, mentre il miracolo è stato approvato il 2 aprile 2011.

Saverio Gaeta
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