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I dati Istat sulla conciliazione

Foto: Flickr
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Escono i dati Istat sulla conciliazione famiglia-lavoro nel 2010, con un primo dato significativo sulla cura nel nostro Paese: sono oltre 15 milioni gli italiani che si prendono cura di un bambino, di un disabile o di un anziano, nel nostro Paese. Un esercito silenzioso che probabilmente, in termini di PIL, vale molto di più del 38% (è stato stimato infatti che il lavoro di cura non retribuito vale suppergiù il 38% del PIL europeo).


E tuttavia, l'Istituto di Ricerca focalizza la propria attenzione su quante energie il lavoro di cura (materno per definizione, nel nostro Paese) draga dalla partecipazione al mercato del lavoro, e possibilmente da un mercato del lavoro che consista in un impiego full-time. L'enfasi in particolare sulla mancanza di servizi per la cura e le conseguenze che tale mancanza ha sull'occupabilità delle donne è certamente significativa, in un'ottica lavoristica ben sponsorizzata anche dall'ultimo articolo di fondo di Alesina e Ichino sul Corriere della Sera del 24 dicembre. Risulta abbastanza oscuro, almeno a una prima veloce lettura, il significato del dato sull'interruzione dell'attività lavorativa per almeno un mese dopo la nascita del figlio (si tratta di licenziamento o di congedo parentale?): e comunque, 1 donna su 4 interrompe la propria attività lavorativa.

Tantissimi e molto interessanti, tuttavia, i dati riportati sulle preferenze espresse dagli intervistati sul bilanciamento famiglia-lavoro (oltre il 30% del campione intervistato, uomini e donne, dichiara che vorrebbe poter dedicare meno tempo al lavoro e più tempo alla famiglia), i dati sul part-time, sulla flessibilità oraria e sull'utilizzo dei congedi parentali. Rimangono stabili i dati sull'utilizzo del congedo parentale da parte dei padri, con un'interessante affondo sulle motivazioni che frenano i padri dal prendere il congedo parentale: pochissimi coloro che hanno indicato la motivazione economica, mentre prevalgono ragioni di carattere personalistico (non ne ha avuto bisogno perché qualcun altro si prende cura del figlio 26,5%, perché ne usufruisce il partner 12,9%, preferisce lavorare per scelta personale 12,9% e non ne ha diritto 19,9%)

Colpisce in particolare che il 26,8% delle intervistate dichiari di non aver usufruito del congedo parentale poiché non ne ha diritto: un dato che dovrebbe interrogare seriamente, al di là delle politiche sui servizi, chi fa politiche di tutela del diritto alla maternità o, meglio ancora, alla genitorialità. Il dato, peraltro, non è disaggregato per area geografica o per titolo di studio, quindi risulta difficile comprendere il profilo di queste donne "senza diritto", e tuttavia sarebbe estremamente interessante.

Il testo integrale con tutte le tabelle è disponibile sul sito dell'Istat, e precisamente qui.

Pubblicato il 29 dicembre 2011 - Commenti (0)
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Conciliazione e welfare aziendale

E' online e scaricabile un interessante documento prodotto dal team di docenti e ricercatori legati all'Osservatorio della Famiglia del Dipartimento di Politiche per la famiglia.


Il documento è uno studio articolato (chiarissime alcune impostazioni di metodo e di merito sulla conciliazione, prima fra tutte quella di un approccio alla conciliazione che non sia funzionalistico ma che sia rispettoso della cultura familiare e che dunque attinga maggiormente ai criteri di sussidiarietà alla famiglia) e presenta alcune buone prassi di implementazione di percorsi di conciliazione nell'ambito (più articolato) della strutturazioni di piani di welfare aziendale.

Curato da Sara Mazzucchelli dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l'ebook (scaricabile qui), termina, oltre che con un'appendice ricca di dati statistici, con l'indicazione di tre linee di azione ben precise che caratterizzano da tempo l'approccio dei ricercatori dell'Osservatorio sul tema della conciliazione famiglia-lavoro:

"... Occorre investire su  tre sostanziali vettori di cambiamento (Prandini, 2009):

 sostenere e finanziare l’emergere di dispositivi di welfare aziendale family friendly entro una nuova cultura di corporate citizenship, nell’ambito di un welfare societario plurale fondato sulla sussidiarietà e solidarietà. In questo senso il sostegno alla conciliazione, come ben evidenziato da alcuni autori (Molteni, Bertolini, Pedrini, 2007; 2009; Pedrini e Petri, 2009), rientra a pieno titolo nella CSR ed anzi, a mio avviso, può rappresentare il link principale tra l’ambiente sociale esterno ed interno, consentendo altresì il passaggio dalla  Corporate  Social  Responsibility alla  Corporate Family Responsibility.

 ripensare la connessione profonda tra sistema economico e territoriale giungendo alla definizione di partenariati, ovvero di veri e propri patti territoriali in materia di conciliazione. Una strada, quest’ultima, ancora poco battuta in Italia e tuttavia con indubbie potenzialità in quanto consentirebbe, in un tessuto imprenditoriale caratterizzato da piccole e medie imprese, aggregando la domanda  – e con essa le risorse finanziarie e culturali a disposizione – di incrementare l’efficienza dell’offerta.

 diffondere, supportare e finanziare attività consulenziali volte alla progettazione implementazione e valutazione di azioni o politiche di conciliazione.

Pubblicato il 19 dicembre 2011 - Commenti (0)

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Famiglia e Lavoro

Lorenza Rebuzzini

Laureata in filosofia, mamma di due bambini, per me la conciliazione famiglia-lavoro è pratica quotidiana e oggetto di riflessione da quando, nel 2005, inizia la mia collaborazione con il Cisf per il Nono Rapporto Cisf su Famiglia e Lavoro. Qui riprendo le fila del discorso...

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