Inviati di guerra, addio alle armi

È sempre più difficile che un giornalista "free lance" riesca a trovare spazio sulla stampa italiana per raccontarci i conflitti in giro per il mondo. Parola di Barbara Schiavulli.

03/05/2012
Barbara Schiavulli, giornalista di guerra, nota freelance italiana.
Barbara Schiavulli, giornalista di guerra, nota freelance italiana.

“Vuoi fare l’inviato di guerra? Preparati allora a fare la guerra  ai giornali italiani”.  Lei è Barbara Schiavulli, la più nota inviata di guerra freelance  italiana. Eppure,  dice: “Non sono ancora riuscita a farmi pagare una nota-spese”. Romana, 40 anni, di cui 15 in giro per il mondo a inseguire i conflitti o a farsi inseguire da loro. Quattro anni in Palestina, trenta volte in Afghanistan, dieci in Irak, e poi Pakistan, Darfur, Malesia e ogni altro posto “dove succeda qualcosa e vicino ai personaggi che lo fanno succedere”.

Ospite al Laboratorio di Giornalismo Sociale della “Scuola Chiodi” di Mestre, la giornalista ha raccontato questi anni di professionismo vissuti pericolosamente, da  quando In Irak s'è spacciata sordomuta per evitare di farsi riconoscere come occidentale, ai travestimenti a Baghdad  da sunnita o sciita a seconda delle circostanze per non dare nell’occhio. Dall’attentato dinamitardo all’hotel Palestine a Baghdad in cui soggiornava, alle pesanti acconciature delle parrucchiere di Kabul a cui s’è sottoposta  per capire come deve prepararsi una donna che si sposa in quella città.

Disagi? Ci scherza su: “Solo il dover viaggiare in pool con anziani inviati che ogni mezzora si fermano per urinare”.    Ma il peggio  è dover affrontare le battaglie quotidiane con i giornali italiani per farsi riconoscere il proprio lavoro, l’umiliante patteggiamento per un pugno di euro, “tanto c’è sempre qualcuno che chiede di meno”.  Schiavulli mette il dito nella piaga:  le cronache estere  nell’informazione  nostrana sono sempre più rare e  malseguite la figura dell’inviato è in via d’estinzione. Vedere gli organici delle grandi testate nazionali, per credere!  In tempi di crisi dell’editoria,  un inviato  è ritenuto un lusso; meglio e più produttivo, secondo questa scuola di pensiero,  riempire di redattori il desk e accontentarsi delle corrispondenze d’agenzia. Ma il rischio è quello di non avere più “occhi” per guardare il mondo e “penne” per raccontarlo e di omologare sempre più l’informazione.

La morale della freelance è triste: “Volete fare gli inviati di guerra per un giornale italiano? Scordatevelo”. Ma se qualcuno le chiede perché continua a farlo, ammette: “Non  conosco altro modo di fare questo mestiere”. E le valigie, accanto al letto,  sono già pronte per il prossimo imbarco. Un'altra guerra e altre vittime sono lì che attendono di farsi raccontare, senza note spesa, né polizze assicurative. “Tanto, a parte rischiare la vita, che cosa ti può accadere laggiù di grave?”. Buon viaggio, Barbara. 

Alberto Laggia
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati