Max Gazzè, ironico ribelle

Il nuovo album del cantautore romano si intitola "Quindi?". Ironia, ma anche discorsi seri.

03/06/2010
Max Gazzè compie 43 anni il 6 luglio.
Max Gazzè compie 43 anni il 6 luglio.

Sanremo, 1999. Ecco a voi Max Gazzè: chi sa di musica lo conosce per il suo talento di strumentista, tutti gli altri lo ricordano per la sua ironia. Canta Una musica può fare e indossa un completo a quadri scozzese sul quale spicca un disegno del suo volto. A un certo punto si strappa il volto dal vestito e ci accorgiamo che si tratta di una maschera con la quale, poi, si esibisce mostrandosi di faccia e di profilo contemporaneamente. La platea applaude, mentre i critici notano che quella canzone è decisamente “diversa”, si ribella alle regole del Festival.

Sanremo 2000, di nuovo Gazzè che ha avuto un successo meritatissimo e in 12 mesi è diventato, da personaggio un po’ elitario, uno “di tutti”. La canzone è Il timido ubriaco: ancora ironia, ancora presa di distanza dall’omologazione festivaliera. Entra in scena, l’orchestra attacca con la musica e lui, dopo pochi istanti alza un dito e, al microfono, dice ai professori: «Un tastino». Silenzio in platea, ma Max sì è accorto che un pulsante audio non funziona. Fermi tutti, si risolve il problema, e finalmente può cantare.

Ed ecco il Max Gazzè 2010 con un nuovo album, il sesto della sua carriera. Si intitola  Quindi? Gli chiedo perché. «Può avere più valenze, può apparire l’invito a proseguire un discorso, oppure a tirar le somme per chiuderlo...». La storia musicale di Max comincia in Belgio, dove il padre è un alto funzionario dell’ambasciata. Lui, nato a Roma nel 1967, si laurea a Bruxelles in musicologia e comincia a suonare con un gruppo di amici percorrendo l’Europa e, quando arriva in Italia, diventa il punto di riferimento di tanti musicisti che non vogliono curarsi del mercato.
 
– A proposito di mercato, cosa ne pensi di quello, oggi, creato dai talent show?
 «Lì si bada alla quantità e non alla qualità: se si presentasse il piccolo Mozart, forse lo spedirebbero dalla Clerici; se arrivasse Jimi Hendrix sarebbe omologato come quello Scanu che ha vinto Sanremo».
 
– Dove tu quest’anno avevi mandato Mentre dormi, non accettata, che secondo me si sarebbe inserita tra le poche belle canzoni...
 «Se si vuole le lezioni si imparano alla svelta, ma io non mi ci metto neanche. Sennò l’anno prossimo mi presenterei con il figlio di Gheddafi e quello di Bossi e il risultato sarebbe assicurato...».

L’ironia non manca mai, ma in questo disco c’è posto per un discorso serio e provocatorio sui bambini e una riflessione sull’amore per la moglie che gli è stata vicina oltre 15 anni. Hanno tre figli, Samuele, Bianca ed Emily, di 5, 10 e 12 anni. A loro Max ha dedicato la canzone Storie crudeli, nella quale sostiene che la letteratura infantile e le fiabe sono sempre diseducative e violente, come i videogame e i famigerati Teletubbies inventati dalla Bbc, che tendono a trasformare un bimbo in un robot. «Ai miei figli preferisco dire che Biancaneve è stupida, e che Pinocchio resterà sempre un bugiardo. Quindi, è meglio parlare della natura, che è ancora meravigliosa, e di quel che faremo domenica mattina». Mentre parla, improvvisamente Max cambia espressione. «Scusa», mi dice, volta il viso da un’altra parte e mi accorgo che dagli occhi gli scivolano delle lacrime. Aspetto che si riprenda e poi, senza che io gli chieda nulla, mi spiega che sua moglie l’ha lasciato e lui non si dà pace.
 
È un momento imbarazzante ma di grande umanità. E sono io che mi scuso per averlo involontariamente trascinato su quell’argomento. Ma quando sembra che tutto sia passato, resta il groppo in gola. Max allora mi parla di suo padre che, all’età di 82 anni, dopo aver rifiutato di restare in diplomazia, è andato in pensione e passa il suo tempo organizzando pellegrinaggi a Lourdes e negli altri luoghi di culto. «È religiosissimo », mi confessa, «ed è questo sentirsi utile che lo aiuta ad avere l’entusiasmo di un giovane».
 
– E tu, Max, che programmi hai a breve?
 «La promozione del disco, una serie di incontri con gli studenti in varie università, per raccontare un po’ delle mie “scemenze”».

Gigi Vesigna
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