Neck, Beatrice c'è

Doppio album antologico di tutta la carriera per il cantautore di "Laura non c'è", che lo scorso settembre è diventato papà di una bambina. E dice: "Ora vivo per lei".

18/11/2010
Nek ha riassunto la sua carriera in "E da qui".
Nek ha riassunto la sua carriera in "E da qui".

Tra me e Filippo Neviani – vero nome del cantante Nek – è in atto un tormentone che va avanti da anni. I temi sono due: il trattore e la parola fegato. Per capirci, quando nel 1997 a Sanremo esplose letteralmente con Laura non c’è, ebbi l’occasione di partecipare a una trasmissione televisiva dove il pubblico poteva a bruciapelo fargli ogni tipo di domanda. In quell’occasione, mimetizzato tra gli spettatori, gli chiesi come aveva investito i suoi primi guadagni e lui senza pensarci un attimo mi rispose: «Mi sono comprato un trattore».

Poi cominciò a girare il mondo e a vendere dischi – otto milioni, che non sono noccioline –, ma quello che mi stupì fu il fatto che, quando rientrava a casa, tornava davvero a Sassuolo (Modena), città che aveva dato i natali anche a Caterina Caselli e, qualche anno più tardi, il 6 gennaio 1972, a Filippo Neviani, figlio di Cesare, impiegato, e di Vittoria, casalinga. Il turbinoso mondo dello star system proprio non riusciva a catturarlo. Tornava, e senza sentire il jetlag si rifugiava in famiglia. Così quando lo rincontrai gli chiesi se avesse comprato altri trattori, e lui mi rispose: «Sì, ne ho comprato un altro».

Quando ci siamo rivisti per parlare della sua nuova vita di padre – la moglie Patrizia gli ha fatto il regalo più bello, una bimba che hanno chiamato Beatrice Maria –, il discorso del trattore me l’ha fatto lui, anticipandomi. «No, sono sempre due, ma il fattore ne ha tanti e ci pensa lui». Archiviato l’argomento agricolo, e prima che l’altra parte del tormentone faccia capolino, gli chiedo di come si sente da papà. «Beatrice Maria è nata solo il 12 settembre scorso, quindi mi sento ancora in rodaggio. Ma so come accudirla, do una mano a mia moglie e la notte facciamo i turni per farla riaddormentare perché, come tutti i bambini del mondo, piange spesso e volentieri. Ma io la sento intonata... Tuttavia, in questo periodo col lancio del nuovo disco, la promozione, le interviste, a volte faccio una gran fatica a tirarmi su dal letto».

– Perché avete scelto questo doppio nome di battesimo?
«Perché Beatrice significa “colei che rende felici” e Maria in onore alla Madonna. Comunque, l’arrivo di Beatrice mi ha cambiato la vita: ora affronto il mondo in funzione del bene di mia figlia. Essere padre mi fa vedere i colori più luminosi, percepire i sapori più intensi. Così ho voluto dedicarle la canzone È per te: ho scritto il testo immaginandola già donna e madre, perché lei è la nostra continuazione, rimarrà quando io e Patrizia non ci saremo più».

Quello della paternità è un argomento ricorrente anche nella vita professionale di Nek, che si trovò travolto da una bufera mediatica quando, a Sanremo del 1993, presentò In te che, strumentalmente politicizzata da coloro che erano contrari all’aborto, creò uno scompiglio che quasi travolse il cantante. Nek difese le sue idee di antiabortista replicando a tutte le polemiche, colpo su colpo. Ma quella polemica inevitabilmente influì negativamente sulla sua carriera. Ci vollero tre anni, e una canzone come Laura non c’è, perché quel ragazzo con gli occhi azzurri, che si diceva avesse preso il suo nome d’arte da una macchina da cucire prodotta in Polonia (in realtà si chiama “nek” il particolare suono prodotto dalla bacchetta di una batteria) riuscisse a farsi largo nel mondo della musica. «Improvvisamente», ricorda, «tutti si sono accorti di me e da quel momento la mia carriera si è evoluta senza più polemiche e critiche pretestuose».

– Quanto credi che la tua anomalia di cittadino del mondo che non ha mai abdicato al suo ruolo di ragazzo di campagna abbia influito sul rispetto che il mondo della musica ha per te? In fondo, sei considerato una mosca bianca, vivi in campagna come Cincinnato, il dittatore romano che depose la spada, lasciò il potere per tornare all’aratro e ai suoi campi...
«Onestamente non so niente di questo Cincinnato, ma io a Sassuolo ci sto bene, e torno a essere Filippo, e adesso il papà, perché mai vorrei che mia figlia mi chiamasse Nek».

Ascoltiamo il doppio album, che in 37 canzoni ripercorre la sua carriera che si avvicina ormai al ventennale e poi, inevitabilmente, ecco spuntare l’altro tormentone. Durante un nostro incontro gli dissi che c’era una parola della nostra lingua con la quale era impossibile fare rima. Era “fegato”. Lui ci provò subito, ma inutilmente. Poi accettò la scommessa. Se mai l’avesse trovata sarei andato a piedi a Sassuolo: «Fegato, sai che non sono ancora riuscito a trovare una rima», mi dice un po’ rammaricato. Non gli dico di rassegnarsi. Chissà che non gli riesca di colmare un’anomalia della nostra lingua. Dunque, alla prossima Filippo, e un bacione a Beatrice.

Gigi Vesigna
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