Per Vasco la vita non è più spericolata

Il nuovo album del cantautore, Vivere o niente

01/04/2011

Chi è Vasco Rossi? La domanda ce la si fa da oltre trent'anni, da quando il giornalista Nantas Salvalaggio, dopo averlo visto a “Domenica In”, lo definì “un bell'ebete con gli occhiali fumè dello zombi, dell'alcolizzato, del drogato fatto». Questa volta, con l'uscita del suo nuovo disco di inediti, “Vivere o niente” è toccato al filosofo Marcello Veneziani attaccare dalle colonne del “Giornale” il cantautore di Zocca, defininendolo un «maestro del pensiero spensierato», «uno dei testimonial del nichilismo pratico in voga: velocità, droga, vita spericolata e piena di guai ma vuota di senso. Vivere al massimo, perché la vita è un nulla nelle mani del caso». La differenza è che questa volta Vasco ha sentito il bisogno di rispondere per le rime a Veneziani, invitandolo a «vedere le mie analisi del sangue dove i valori del mio fegato sono quelli di un bambino», a considerare il fatto che ha «una compagna con cui vivo da venticinque anni e con lei ho costruito una famiglia», che «pago le tasse e ho mantenuto la mia residenza in Italia quando potevo prenderla a Montecarlo o alle Bahamas» e che possiede perfino un'azienda che «dà lavoro fisso a una decina di dipendenti».

Altro che artista maledetto, insomma, altro che alfiere del nichilismo. Il suo “Vivere o niente” è un invito a «scegliere e decidere di vivere una vita piena e intensa. Vivere con passione». Ovviamente, la disputa continuerà ancora, ma una cosa è certa: comunque le canzoni di Vasco non lasciano mai indifferenti, toccano i piccoli e grandi temi dell'esistenza riuscendo ad arrivare al cuore di milioni di fans con un linguaggio semplice, diretto ma quasi mai banale. In un'epoca anestetizzata a tutto, non è un merito da poco. E veniamo alle 13 canzoni di “Vivere o niente”. I critici del cantautore sostengono che da oltre vent'anni, più precisamente da “Liberi liberi” del 1989, Rossi non licenzia un disco davvero memorabile. E allora diciamolo subito: difficilmente anche questo passerà alla storia. Ma sicuramente è molto più interessante di quel “Il mondo che vorrei” che l'ha preceduto tre anni fa. Soprattutto musicalmente. Le nuove canzoni suonano molto più dirette e più varie stilisticamente: se il singolo “Eh già” non convince del tutto, la qualità si impenna con il pop-blues di “Dici che”, con il classico rock di “Sei pazza di me”, con le ballad “L'aquilone” e “Vivere non è facile” e soprattutto con “Manifesto futurista della nuova umanità”, la canzone più discussa perché Vasco si confronta come mai aveva fatto in modo così esplicito con il tema della fede. La voce è distaccata, quasi strascicata, prende spunto nei versi perfino da un passo dell'Ecclesiaste, “La cosa più semplice sarebbe quella di non essere mai nati”, per poi proseguire con un dialogo direttamente con Dio: «Invece la vita arriva impetuosa. Ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova. Ti prego perdonami, ti prego perdonami. Ti prego perdonami se non ho più la fede in te. Ti faccio presente che è stato difficile. Abituarsi ad una vita sola e senza di Te». Sarà pure solo, come dice lui stesso, «una provocazione ironica, niente più che una canzone». Ma è una provocazione che va a segno.
 

Eugenio Arcidiacono
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