17/05/2011
La sede di Eloisa Cartonera a Buenos Aires.
Carlos Gardel, Eva Peron, Diego Maradona. Eccoli lí, in sorridenti figure di
cartapesta, i personaggi emblema del variopinto quartiere popolare di La Boca, a
Buenos Aires. Se il tango di Gardel, i gol del pibe de oro e il carisma di
Evita, regina dei descamizados, dipingono la gloria dell'Argentina, un altro
emblema della nazione sudamericana, ben più triste, si aggira nei vicoli dela
capitale: i cartoneros.
Famiglie intere tentano di sfuggire a un quotidiano di
miseria raccogliendo cartoni abbandonati e imballaggi vuoti in giro per la
città, per poi rivenderli a prezzi ridicoli. Sono un universo parallelo che
molti fanno finta di non vedere. Sono il risultato delle tremenda crisi
economica che ha affossato il Paese dalla fine degli Anni Novanta in poi. Nel
2002, nella sola capitale se ne contavano circa 40 mila. Carrette tirate da
ragazzini esausti, stracariche di cartacce, si incontrano oggi anche nei
quartieri più chic: la Palermo Hollywood dove vengono girate le telenovelas
strappalacrime, l'austera Recoleta e la vibrante San Telmo. Macchie in bianco e
nero in mezzo a una polaroid colorata.
Al lavoro sulla carta fornita dai cartoneros.
Ed Eloisa divenne cartonera
Ma c'é chi, fra di loro, non ha voluto
rassegnarsi a un percorso a tinte lugubri. Un'idea brillante ha
riscattato molti
giovani da un destino già tracciato. Tutto ebbe inizio nel 2003. A
Buenos Aires
esisteva una minuscola casa editrice fondata da uno scrittore
visionario,
Washington Cucurto, e da uno scultore, Javier Barilaro. Quest'ultimo si
innamorò, ahimé senza essere ricambiato, di una giovane boliviana di
nome
Eloisa. In mancanza di love story, l'artista trovò almeno l'ispirazione
per dare
un nome alla sua piccola società: "Libros de Eloisa". La crisi minacciò
la casa
editrice di sparire se i due fondatori avessero continuato a stampare
libri con
i metodi tradizionali: il materiale aveva raggiunto costi esorbitanti.
Cosí
venne escogitata una soluzione: acquistare la carta ai cartoneros per
strada e
utilizzarla per stampare le pubblicazioni, decorando con la tempera i
cartoni
più duri usati per la copertina.
E cosí, "Eloisa" divenne cartonera e i
suoi
libri, piccole opere d'arte, dipinte dagli stessi ragazzi di strada.
Molti
giovani autori sudamericani sono accorsi per sostenere il progetto e
attualmente, Eloisa vanta un catalogo di duecento titoli. Racconti,
libri per
bambini, saggi, romanzi-culto di giovani autori quali Gabriela
Bejerman, fanno
parte dell'"universo Eloisa". Quest'anno Buenos Aires é stata scelta
come
Capitale Internazionale del Libro. C'è da credere che per la casa
editrice dei
cartoneros questo sarà ancora un trampolino verso il successo.
I colori per trasformare i cartoni raccolti per strada in copertine luminose.
Ballerini di tango e artisti di strada
Nel
quartiere de
La Boca, fra artisti di strada e ballerini di tango in costume gessato, i
ragazzi di Eloisa e i loro libri sono una vera e propria istituzione.
Nella
vetrina di calle Aristobulo del Valle le copertine spiccano coi loro
colori
vivaci, e una grafica molto simile a quella dei graffiti metropolitani.
L'impegno politico non ė estraneo agli obiettivi della casa editrice.
"Non può
essere diversamente" spiega Alejandro, uno dei fondatori della
cooperativa.
"Siamo nati nel 2003, quando nelle strade di Buenos Aires scoppiava il
finimondo
per via della crisi e ogni giorno, migliaia di persone scendevano in
Plaza de
Mayo per protestare contro l'aumento dei prezzi".
In quell'anno, le
elezioni
presidenziali decretarono la vittoria del peronista Nestor Kirchner, che
si
trovò ad affrontare una situazione economica disperata. Ogni giorno, i
cosiddetti trenos blancos arrivavano alla stazione di Retiro,
riversando sulle
banchine migliaia di cartoneros giunti da ogni parte della Provincia.
Erano
treni speciali, senza posti a sedere, dove gli uomini stavano stipati
come in
carri bestiame. Ma i trenos blancos rappresentavano la possibilità di
raggiungere la città e racimolare qualche pesos a fine giornata. La loro
soppressione nel 2008 creò dei veri e propri tumulti.
"Ognuno si
arrangiava come
poteva, Eloisa nacque in questo tipo di contesto, dovevamo produrre
tutto in
modo autarchico e ancora oggi i libri sono tagliati, rilegati, decorati e
stampati interamente nel nostro laboratorio". La stampa avviene su una
vecchia e
lenta ("Ma fedelissima", assicura Alejandro) Germania Multilit 1250, un
marchingegno che sembra piovuto qui direttamente dai tempi di Gutenberg.
E fra
le prossime fatiche della stampatrice, nei sogni dei soci di Eloisa, c'è
quello
di mettere nero su bianco l'intera opera di Rodolfo Walsh, il padre del
giornalismo di investigazione argentino, ammazzato dai militari della
famigerata
giunta nella primavera del 1977.
"Vogliamo dare il nostro piccolo
contributo
alla democrazia nel nostro Paese", sottolineano gli insoliti editori. E
il
contributo é già assai visibile, nelle decine di ragazzi che ogni giorno
bussano
alla porta per vendere il loro cartone, pagato qui cinque volte il
prezzo pagato
nei depositi ordinari, e nei giovani intenti ad attingere i pennelli
nella
tempera per dar sfogo alla loro fantasia sulle copertine. L'ottimismo é
il
motore della vita, qui più che altrove. La vecchia sede di Eloisa era
una
galleria d'arte alternativa che aveva per nome "No hay cuchillo sin
rosas" (Non
c'é spina senza rose). Mai nome fu più profetico.
Eva Morletto