20/09/2012
La copertina del libro "Due piccoli passi sulla sabbia bagnata".
E' il 1° marzo, un giorno qualsiasi. Quel giorno, Anne-Dauphine Julliand - che è in dolce attesa - e suo marito Loïc, coppia francese, si abbatte una notizia destinata a cambiare il corso delle loro esistenze: Thaïs, la loro secondogenita, appena due anni, è affetta da leucodistrofia metacromatica. Un'espressione complicata, per definire una malattia neurodegenerativa che paralizza progressivamente tutte le funzioni vitali, i movimenti, la parola, la vista, il respiro, fino alla morte. Da quel giorno, per la famiglia comincia un lungo percorso di sofferenza, ma allo stesso tempo di amore straordinario, segnato da scelte importanti da prendere, dalla necessità di far comprendere la situazione ineluttabile sia alla piccola Thaïs ma anche al fratellino maggiore Gaspard. Ma soprattutto dalla scelta straordinaria di amare, proteggere, accudire Thaïs fino alla fine, riempiendo la sua piccola vita di gioia, affetto e dedizione, aggiungendo vita ai suoi giorni, se i giorni non si possono aggiungere alla sua vita.
Thaïs muore due mesi prima di compiere quattro anni. Nel frattempo, Anne-Dauphine e Loïc danno alla luce un'altra bambina, Azylis, anche lei affetta da leucodistrofia metacromatica, che viene sottoposta a un trapianto di midollo osseo poco tempio dopo la nascita: l'unica via che potrebbe salvarle la vita rallentando il decorso degenerativo della malattia. Anne-Dauphine Julliand ripercorre gli avvenimenti, dalla scoperta della malattia di Thaïs alla sua morte, in Due piccoli passi sulla sabbia bagnata (Bompiani): un racconto toccante, commovente, ma anche carico di speranza. Perché, come l'autrice stessa dice, è il racconto di una malattia e di una sofferenza, ma soprattutto la storia di un amore sconfinato. E uno straordinario inno alla vita.
Il libro è uscito in Francia nel 2011. Dopo quanto tempo dalla morte di vostra figlia Thaïs?
Un po' più di due anni dopo la sua morte, avvenuta a dicembre del
2007. Il libro non nasce da un diario intimo tenuto nel corso degli
avvenimenti. Ho cominciato a scriverlo a giugno del 2009.
Come ha trovato la forza e il coraggio di ripercorrere la storia di vostra figlia e della vostra famiglia?
Ho scritto prima di tutto per la mia famiglia, in particolare per mio
figlio minore Arthur, nato un dopo la morte di Thaïs. Ho sentito il
desiderio di condividere con lui questa "avventura" che lui non aveva
vissuto. Non ho provato alcun dolore nel ricordare i dettagli perché
essi non erano scolpiti nella memoria ma nel mio cuore. Sì, per
scrivere, ho fatto appello alla memoria dei sentimenti. Non mi sono
posta la domanda di sapere se ne avevo la forza e il coraggio. Sentivo
il bisogno di farlo per Arthur. Ho scritto in modo spontaneo, al mio
ritmo, usando, con mia grande sorpresa, il tempo presente. A volte è
stato doloroso, ma ci sono stati anche momenti belli nella scrittura. Ho
tentato di scrivere come abbiamo vissuto gli eventi: il più
naturalmente possibile. Sono meravigliata di vedere che la vita di Thaïs
ha toccato tanti lettori e ha oltrepassato i confini della Francia.
Foto Thinkstock.
La scrittura ha rappresentato una "catarsi" per la sua sofferenza?
Non era il fine della scrittura, ma certamente mi ha fatto molto bene. Rievocando la vita di mia figlia ho avuto momenti molto dolorosi, ma ho anche realizzato fino a che punto questa breve vita è stata ricca e feconda. Thaïs è vissuta appena tre anni e tre quarti, ma ha cambiato molti aspetti della nostra esistenza. Ci ha insegnato la vita può essere bella anche quando è difficile. Ci ha mostrato che se uno non può scegliere le prove della vita, piò però scegliere il modo in cui affrontarle. Abbiamo capito che si può essere felici malagrado le prove.
Che ruolo ha avuto la fede in Dio nella vostro percorso di vita?
La mia Fede mi ha accompagnato lungo tutta questa esperienza. E mi
accompagna ancora oggi! Quando abbiamo saputo della malattia di Thaïs,
mio marito ed io non ci siamo ribellati, non ci siamo domandati il
perché. Abbiamo semplicemente cercato di sapere cosa potevamo fare per
continuare ad andare avanti, per essere felici. Allora, ci siamo
aggrappati alla fede in Dio. La fede non impedisce di piangere, di
provare tristezza, ma dona una visione diversa sulle cose. La fede, per
me, è come un lampo che rischiara il cammino lungo la montagna.
Oggi com'è la situazione di vostra figlia Azylis?
Azylis ha poco più di sei anni. Il trapianto di midollo osseo ha
rallentato molto ma non le ha permesso di guarire. Non può camminare, né
parlare, e mangia con difficoltà. Nonostante tutto, Azylis è una
bambina molto serena. Ha un sorriso meraviglioso. Credo che nonostante
tutte le difficoltà lei ami la vita. E lei sa che, qualunque cosa possa
accadere, noi l'amiamo, così com'è. Noi abbiamo deciso per lei, come per
Thaïs, di aggiungere la vita ai suoi giorni, tutti i giorni, qualunque
sia la durata della sua esistenza.
Dopo la pubblicazione del libro, avete ricevuto riscontri da altre
famiglie che vivono o hanno vissuto un'esperienza simile alla vostra?
Abbiamo ricevuto un numero incredibile di messaggi. Alcuni provengono da
persone che conoscono una situazione simile o che attraversano una
prova. La maggior parte ci ringrazia di avere trovato le parole per
descrivere le loro stesse difficoltà e la loro pena, ma ci ringraziano
anche di aver osato evocare la gioia. Alcuni messaggi poi sono stati
scritti da persone che non hanno difficoltà particolare, che sono in
salute, ma vedono attraverso queste pagine una maniera di amare di più
la vita. Perché questo libro parla certamente della malattia e della
morte, ma parla soprattutto dell'amore. E' un inno alla vita e
all'amore.
Giulia Cerqueti