Che cosa sono i "paschi" del Monte

Ai campi della Maremma fanno riferimento i "paschi" della banca senese al centro delle indagini della magistratura: facevano da garanzia ai tempi del Granduca di Toscana.

28/01/2013
Carabinieri davanti alla sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa).
Carabinieri davanti alla sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa).

I nomi che ci circondano ci parlano del passato, ma spesso siamo sordi a questo richiamo, perché il rumore dell’attualità ci assorda. Il nome della banca che più spesso si ripete in queste ore è Monte dei Paschi di Siena, associato ai commenti di Bersani, agli attacchi della Lega, alla nazionalizzazione proposta da Grillo. Si sentono citare sempre più spesso coloro che hanno diretto l’Istituto che possiede i titoli “avvelenati”, i cosiddetti “derivati”che nessuno ci spiega bene come (mal)funzionino e perché.

Almeno spieghiamo perché il Monte dei Paschi di Siena si chiama così.
“Monte” indicava fin dal Medioevo un ente che gestiva il debito pubblico, e anche il debito stesso, e anche una rendita e un titolo fruttifero. Divenne il nome di enti bancari. Non nacque solo il Monte dei Paschi, a Siena, ma anche il Monte dei Maschi a Napoli, il Monte dei Morti a Benevento, il Monte di soccorso, il Monte delle doti delle fanciulle e via dicendo, senza contare il Monte di Pietà (dal 1358, con scopi filantropici).

Ma chi sono questi Paschi che hanno dato il nome alla banca o “monte” senese? Non biechi capitalisti, ma innocui “pascoli”, veri ricchi pascoli della Maremma, con le pecore che brucano. Nel sito del Monte dei Paschi si spiega che un tempo il nome era diverso: «Il Monte di Pietà, o Monte Pio, nacque il 27 febbraio 1472 con una delibera del Consiglio Generale della Repubblica, al fine di concedere il prestito alle “povare o miserabili o bisognose persone”», con un minimo tasso d’interesse, che però non fosse usura cattiva da cravattai. Più tardi il Granduca di Toscana accettò una crescita e ristrutturazione, ma volle che a garanzia della nuova banca fossero vincolate le rendite dei pascoli demaniali della Maremma, roba tangibile e concreta, altro che titoli avvelenati dalla finanza fantasiosa e dalla telematica!

Scriveva Dante: “Ivi convien che tutto quanto caschi / ciò che ’n grembo a Benaco star non può / e fassi fiume giù per verdi paschi”. Qui Dante non parla dei paschi di Maremma, ma di quelli della Padania: la parola è ovviamente la stessa, l’antico toscano “paschi”, appunto, cioè “pascoli”.

Claudio Marazzini
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Postato da Giuseppe (Pino) Verbari il 28/01/2013 19:06

Forse i figli cercando di inseguire sempre la grandezza dei padri e si perdono in questa gara, mi chiedo! Ma quando i padri assistono alla scalata dei figli, anch’essi si perdono in questa gara?. Mi chiedo: sarà difficile il mestiere di padre perchè forse manca la presenza continua?; é vero che non sono le parole che di dici ai figli ma sarà il tuo comportamento ad educarli, cioè quello che fai. Mi chiedo come mi devo mettere per educarli. Le soluzioni da adottare e i metodi da applicare sono come le pedine di una scacchiera, quella della vita Se mi dimostro modesto, premuroso, corretto, sembrerò ai loro occhi come un piccolo uomo pieno di paure; se sono sempre presente li precludo, li coercizzo, li affogo; se agisco e le cose vanno per come non dovrebbero andare li inibisco. Mi chiedo, cosa dovrebbe fare un padre di tutte quelle cose che fa tutti i giorni Alzarsi la mattina, categoricamente, per andare a lavorare e ritornare la sera stanco; sarebbe un buon esempio per chi ti vede penare per uno stipendio che non ti fa arrivare alla fine del mese? Mi ricordo di mio figlio quando disse alla mamma:” Io, il lavoro lo vedo sotto un altro aspetto”. Figlio mio, fai quello che vuoi e abbi fortuna, disse quel padre (n.d.r.-L’alchimista- Paulo Coelho) Non ti sembra un po’ troppo semplicistica la soluzione?Stai tranquillo? L’hai visto quel figlio , forte di una laurea, il matrimonio buono, il sindacato forte, il ruolo importante, che fine ha fatto?. Il ruolo esorbitante lo ha assorbito, lo ha reso un essere piccolo piccolo, in quel mondo e, per non saper dire nò, si è trovato dove, adesso, tutto gli diventa più difficile e quegli amici, magari, lo rinnegano pure Questo è uno dei casi più “in”, dopo, ci sono tanti altri problemi come la droga e la delinquenza, ma da questi potresti avere la puzza al naso e intervenire in tempo, da quello no, rimani anche tu affascinato perché tuo figlio, per così dire, ti da’ “soddisfazione”. Il più delle volte assistiamo a queste dècable Mi chiedo: dov’era il padre! quel padre che come il mio mi avrebbe chiesto: dove vai, cosa fai, con chi sei. Cosa gli avrà detto il padre, cosa gli avrà chiesto, lo avrà messo sull’avviso oppure la presunzione e tanto altro li ha rovinati. Povero padre, povero figlio. E allora, se uno per stare tranquillo, avesse fatto bene ad insegnare al figlio a zappare, forse adesso starebbero più tranquilli. Mi viene alla mente il film “O zappatore” . Avete mai provato a dire a vostro figlio: “Vai a zappare!”. E’ vero, il mestiere di padre, di madre, di genitore è il più difficile; nessuno ce lo insegna. Ci vuole un po’ di fortuna; la fortuna esiste o è quando l’estro incontra l’occasione, come disse Seneca? Forse ha ragione se per ’estro e occasione si riferisce a quel momento in cui si procrea E non è una fortuna essere padri? Arrabbiamoci un po’. Non tanto, senza sfasciare nulla, ma facciamoci sentire , forse, è un rimedio. Giuseppe (Pino) Verbari

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