19/06/2013
Dan Brown contro Richard Ford.
«Prima di tutto parlerò della rapina commessa dai nostri genitori. Poi degli omicidi, che vennero più tardi». È l'incipit di Canada (Felltrinelli), l'ultimo, formidabile romanzo dell'americano Richard Ford. In due righe sono già anticipati gli eventi fondamentali che reggeranno il racconto per le successive 400 pagine e più: una rapina in banca e alcuni omicidi. L'autore non ha nulla da temere nello svelare subito al lettore che cosa accadrà, nel mettere immediatamente in campo gli eventi salienti e decisivi della trama. Ha altre carte da giocare. Non è infatti sul colpo di scena, sul mistero rivelato a piccole dosi, sull'azione dei suoi personaggi che fonda la forza del suo stile e del suo libro. Pur sapendo tutto fin dall'inizio, il lettore resta incollato al romanzo fino all'ultima riga.
A conquistarlo è ciò che passa nella testa del quindicenne che è voce narrante. Capire come ha vissuto la trasformazione dei suoi genitori - due piccoli borghesi dal carattere diverso, ma persone del tutto normali - in rapinatori di banche. Come è avvenuto l'arresto (memorabile la scena che lo descrive). Come è possibile che nessuno, su incarico dei servizi sociali, si sia preso cura di lui e della sorella gemella, fuggita di nascosto il giorno dopo che i genitori erano stati imprigionati. Il lettore segue sgomento la fuga in Canada di questo ragazzo, tocca la sua terribile solitudine, avverte sulla pelle lo struggimento di una vita devastata dalla follia dei genitori... E segue con immensa tristezza l'incontro finale fra i due fratelli, ormai vecchi.
Insomma, è la capacità introspettiva dell'autore a catturare il lettore, l'abilità con cui restituisce la psicologia dello sfortunato protagonista.
Per cogliere la grandezza di libri come Canada e scrittori come Richard Ford (vincitore del Pulitzer con Il giorno dell'indipendenza del 1995) suggeriamo una lettura comparativa con Inferno (Mondadori) di Dan Brown, l'ultimo best-seller dell'autore di Il codice da Vinci. Tanto Ford si sente libero di dire subito che nella storia succederà questo e quello (perché sa che ha altro da dare al lettore), quanto Brown s'impegna a creare attesa, mistero, sospensione nascondendo, alludendo, seminando tracce (perché la storia sta tutta lì...). Tanto Ford si affida alla profondità dello scavo piscologico, quanto Brown a robuste dosi di scene e colpi di scena.
Entrambi gli stili e le strategie narrative sono legittime, è ovvio. Come è ovvio che ogni lettore ha diritto di scegliersi il libro che più lo intriga. Detto questo, però, è giusto dare a Ford ciò che è di Ford e a Brown ciò che è di Brown. Da una parte abita la vera letteratura, dall'altra l'intrattenimento. E se avete avuto voglia di provare la lettura comparativa che abbiamo suggerito, allora ponetevi una domanda: quale delle due letture vi ha dato e lasciato di più, in termini di emozioni, conoscenza dell'animo umano, sensazioni profonde, divertimento?
Non avete avuto l'impressione di gustare prima un calice di barolo (se avete cominciato con Ford) e poi un bicchiere di vino da cartone?
Paolo Perazzolo