Sosteneva Tabucchi...

Antonio Tabucchi, uno dei nostri più grandi scrittori, è morto a Lisbona. Malato da tempo, aveva fatto del Portogallo una seconda patria.

25/03/2012
Lo scrittore Antonio Tabucchi (foto Ansa).
Lo scrittore Antonio Tabucchi (foto Ansa).

Si è spento nella sua Lisbona, la città alla quale, da tanti anni, era legato da un'immensa passione. Lo scrittore Antonio Tabucchi è morto, all'età di 68 anni, dopo una lunga malattia. Pisano di origine, grande conoscitore della cultura portoghese, in Italia è ricordato in particolare come critico, traduttore e divulgatore dell'opera dello scrittore di Lisbona Fernando Pessoa, uno dei più grandi poeti di lingua portoghese, famoso soprattutto per l'uso dell'eteronimia nelle sue opere, ovvero per la tendenza a sdoppiarsi in molteplici identità letterarie, ognuna con un nome diverso, i cosiddetti eteronimi.


     Tabucchi conobbe l'opera di Pessoa quasi per caso negli anni Sessanta a Parigi. E ne rimase così affascinato che, al suo rientro in Italia, decise di seguire gli studi universitari di lingua portoghese, cominciò a viaggiare a Lisbona e in seguito diventò docente di Lingua e letteratura portoghese a Bologna. Tra gli anni Settanta e Novanta si dedicò ampiamente alla scrittura e alla narrativa: il suo primo grande successo fu Notturno indiano, del 1984, al quale seguì l'anno dopo Piccoli equivoci senza importanza e, nel 1986, Il filo dell'orizzonte. 

     Del 1990 è Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa; due anni dopo Tabucchi si cimentò con un romanzo in lingua portoghese, Requiem, che in seguito venne tradotto in italiano. Ma l'opera della svolta, il romanzo al quale la popolarità di Tabucchi rimane indissolubilmente legata, è Sostiene Pereira, del 1994. Ambientato a Lisbona nel 1938, durante il regime dittatoriale di Salazar, il romanzo ruota intorno alla figura di Pereira, un giornalista quieto e mediocre che, con il tempo, finisce per uscire dal suo guscio e rendersi conto delle violenze, dei soprusi, della censura e dell'oppressione che la dittatura ha instaurato nel Paese e trova finalmente il coraggio di reagire e compiere un'azione forte contro il regime, prima di fuggire dal Portogallo. 

      Vincitore del Premio Super Campiello, del Premio Scanno e del Premio Jean Monnet per la Letteratura Europea, questo romanzo rimane un simbolo della difesa della libertà di informazione e di espressione in tutti i Paesi. Nel 1995, il regista Roberto Faenza ha tratto da questo libro un film, affidando la parte del protagonista, Pereira, a Marcello Mastroianni. 

     Nel 1994 iniziò anche l'avventura politica di Silvio Berlusconi e il personaggio uscito dalla penna di Tabucchi venne spesso innalzato a simbolo dell'opposizione al potere berlusconiano. Nel 1997 Tabucchi pubblicò La testa perduta di Damasceno Monteiro, ispirata a un fatto reale, un assassinio avvenuto a Lisbona. Fine opinionista e appassionato di politica, oltre che di letteratura, collaborava anche con vari giornali e criticò aspramente il Governo Berlusconi definendo nel 2008 la situazione dell'Italia “emergenza democratica”.

     Tabucchi trascorreva sei mesi all'anno in Italia, insegnando all'Università di Siena, e sei mesi nell'amatissima Lisbona, insieme alla moglie portoghese, María José de Lancastre (con la quale tradusse molte delle opere di Pessoa) e ai loro due figli. 

Giulia Cerqueti
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Postato da LucianoT il 26/03/2012 17:47

In tutta onestà, di Antonio Tabucchi ho letto soltanto "Sostiene Pereira", acquistato dietro consiglio di un amico, subito dopo la sua uscita nelle librerie. L'inizio della lettura di questo romanzo fu accompagnato da uno sforzo indicibile di non seguire l'istinto di richiudere il libro dopo le prime pagine, tanto mi era fastidiosa la ripetizione, quasi ai limiti della nausea, della frase-titolo: sostiene Pereira, sostiene Pereira, sostiene....... Credetti di capire invece, che la noiosa (per me) ripetizione della frase, é funzionale, serve a rendere noioso al lettore il protagonista, un uomo qualunque, forse più qualunque di altri, sempre sottotono, sottotraccia, insignificante ed irritante nel suo borghese "non posso farci niente"; salvo poi, con un colpo di reni inaspettato, ribaltare le nostre precomprensioni nei suoi confronti e farci comprendere che, se si vuole, ognuno di noi può cambiare se stesso, o meglio il proprio atteggiamento nei confronti della realtà, per cambiare radicalmente anch'essa. E' un inno alla tolleranza nei confronti di chi ci è accanto e non è come noi (attenzione ai giudizi basati sulle prime impressioni!); è l'invito alla comprensione del fatto che ogni uomo è sì quel che appare ma può stupirci quando decide di risvegliarsi dal proprio torpore intellettuale; questo romanzo è l'esortazione a non cedere mai, a lottare in quel che si crede perchè, alla lunga distanza, qualcuno potrà rimanere contagiato dal nostro entusiasmo investito nella ricerca e nella difesa della verità e della libertà. Grazie, Antonio Tabucchi!

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