Alla ricerca del padre perduto

Il vuoto lasciato dalla "morte" della figura paterna, e da ciò che essa rappresenta, continua a ispirare le trame degli scrittori e le indagini della psicanalisi.

Gli ingegneri si ammalano

28/03/2013
Una scena del film "Alza la testa".
Una scena del film "Alza la testa".

Sarà che il padre è morto, ma del padre non si è mai parlato tanto come oggi. Come se la coscienza del vuoto lasciato dalla sua scomparsa avesse simultaneamente generato il bisogno di riempirlo. Come se l'"uccisione" del padre si fosse immediatamente tramutata nel desiderio-bisogno di farlo risorgere. Proponiamo qui un breve e incompleto excursus su alcuni testi, narrativi o di saggistica, che in questi ultimi anni si sono misurati con la questione.

Alcuni romanzi, anzitutto. Magnifico mosaico di ritratti di giovani vite abbandonate a se stesse, La città dei ragazzi (Mondadori) di Eraldo Affinati si rovescia spontaneamente in un'indagine sulla paternità, negata e perciò ancora più necessaria. Le vite di questi ragazzi accolti nella comunità romana, dove l'autore insegna, sono una denuncia e al tempo stesso una domanda di paternità, sicché Affinati non può esimersi dall'istituire un colloquio intimo e sofferto con il proprio padre, scomparso e a sua volta figlio illegittimo, orfano, solo. Affresco di un'epoca ormai lontana e del padre che ne fu protagonista è Vita e morte di un ingegnere di Edoardo Albinati: il padre eroe degli anni del boom economico, del miracolo italiano, alla guida di una scattante Alfa Romeo, appunto ingegnere in quanto parte attiva di una società dinanica, contrasta in maniera così stridente e struggente con il padre malato, accompagnato dal figlio fino alla morte. Ed è proprio questa svolta nella condizione del padre, e, di conseguenza, nella percezione che ne ha il figlio, a far scattare l'impulso a fissarne l'immagine. E poco importa se quel padre non ha mai regalato un abbraccio. Padre è stato, e questo basta...

Non poche le affinità fra l'ingegnere Albinati e l'ingegnere Magrelli
- solo una coincidenza? - di cui il figlio, Valerio, offre un ricordo toccante eppure mai retorico. Più o meno coetaneo di Albinati (entrambi sono nati alla fine degli anni Cinquanta), hanno ammirato estasiati il loro genitore-eroe nel pieno dell'attività e dell'energia, corpo attivo di una società per nulla liquida e fragile come quella odierna. Ed è l'insinuarsi della fragilità, la malattia, ovvero l'incrinatura di questa solidità mitica, a spingere entrambi a rievocarlo. Magrelli si era preparato a lungo, annotando per ben dieci anni appunti, raccogliendoli, poi, alla morte del padre, in Geologia di un padre (Einaudi).     

Interessante che anche uno scrittore di vent'anni più giovane, Matteo Righetto, abbia sentito l'esigenza di confrontarsi con il tema. E lo svolgimento, nel suo La pelle dell'orso (Guanda), è davvero originale. Vala la pena ripercorrere brevemente la trama per spiegare perché. Domenico è un ragazzino di 12 anni, rimasto solo, dopo la morte della madre, con il padre, che si è lasciato andare, beve tropppo, alza le mani su di lui... Ma nulla riesce a scalfire l'affetto che il figlio prova per il genitore. Per riscattare una vita che ha preso la piega sbagliata, un giorno il padre lancia al riccastro del paese una sfida-scommessa: se riuscirà a catturare lo spaventoso orso che sta infestando le Dolomiti, dovrà riconoscergli una lauta ricompensa.

Armati di fucile, i due si arrampicano sulle montagne, fino all'incontro fatale.
L'orso decide di scagliarsi contro il ragazzo, mentre Domenico e il padre si sono appostati per sparargli. Domenico segue alla lettera gli insegnamenti del padre: non cedere alla paura, lasciarlo avvicinare il più possibile e solo allora fare fuoco. Domenico si comporta proprio così, anche perché, a pochi metri da lui, il genitore è pronto a sparare alla bestia. Domenico spara e uccide il mostro: quando capisce di aver vinto e cerca trionfante lo sguardo del padre per condividere la gioia, scopre che è morto... Una scena che merita molti approfondimenti, anche psicanalitici. La vittoria (il riscatto, la sconfitta della paura, il ritrovato rapporto padre-figlio, l'uscita dalla crisi) avvengono sì sotto lo sguardo del padre, ma in virtù dell'azione, della forza del figlio.

Citiamo infine Il senso dell'elefante di Marco Missiroli (Guanda) e La strada di Cormac McCarthy (Einaudi) come ulteriori esempi di testi letterari contemporanei incentrati sul legame padre-figlio.

Paolo Perazzolo
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