Don Carlo alla festa del Regio

Una buona edizione dell'opera verdiana celebra i quarant'anni della nuova esistenza del teatro torinese. Lodevole Hugo de Ana, vibrante la lettura di Gianandrea Noseda.

15/04/2013
Ramón Vargas è don Carlo (foto Ramella&Giannese).
Ramón Vargas è don Carlo (foto Ramella&Giannese).

Don Carlo di Verdi è una delle opere strutturalmente più complesse e quindi di più difficile esecuzione. Con i tempi che corrono allestire un’edizione di buon livello non è davvero impresa facile: l’esserci sostanzialmente riusciti è dunque un merito che va riconosciuto al Teatro Regio di Torino, che ha così festeggiato nel migliore dei modi il quarantesimo anniversario della sua ritrovata esistenza.

Innanzitutto occorre lodare la bontà dello spettacolo firmato da Hugo de Ana (già proposto nel 2006), la cui cifra stilistica unitaria tiene conto dell’opportuno movimento delle masse e dei singoli, della funzionalità delle scene e dei costumi, nella definizione della Spagna cinquecentesca di Filippo II. Gianandrea Noseda ha offerto un valido contributo, con il supporto dell’impegnatissimo coro istruito da Claudio Fenoglio, al successo di questo Don Carlo: ne ha offerto una lettura tesa e vibrante, tenendo quasi sempre a freno le irresistibili inclinazioni all’enfasi sonora che caratterizzano la sua bacchetta.

Sul palcoscenico le cose sono andate nel complesso piuttosto bene.
Il volonteroso tenore Ramón Vargas ha confermato quanto non sia facile trovare un protagonista scenicamente - e soprattutto vocalmente - all’altezza della parte. Barbara Frittoli, alle prese con una crisi che purtroppo ha le parvenze dell’irreversibilità, si è comportata di conseguenza, facendo appello alla sua ben nota professionalità. Inappuntabile la prova di Ludovic Tézier, il solo baritono di classe internazionale che vanti oggi la Francia. Il basso Ildar Abdrazakov ha mantenuto le promesse del vittorioso Concorso “Callas 2000” di Parma: alla voce, maturata nel volume (con una certa persistente debolezza nel registro grave), si abbina una presenza scenica particolarmente efficace.

In parte deludente Daniela Barcellona, che non sembra ancora possedere gli attributi specifici necessari per delineare la principessa Eboli nella sua pienezza vocale. Infine poco adeguato l’altro basso, Marco Spotti, che non reca al Grande Inquisitore il sostegno di un timbro e un colore sufficientemente consoni alla terribile spietatezza del personaggio.

Giorgio Gualerzi
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