14/12/2011
Il finale del primo atto del "Fidelio" andato in scena a Torino.
Il primo posto nelle citazioni relative al Fidelio di Beethoven che ha inaugurato la stagione del Regio di Torino lo riservo questa volta al regista Mario Martone, che ci ha risparmiato il solito e ripetitivo richiamo al nazismo, puntando invece su un’efficace e scabra scenografia “carceraria” firmata da Sergio Tramonti (suggestiva la gabbia buia all’estrema sinistra del palcoscenico dove è confinato Florestan).
Il direttore Gianandrea Noseda ha offerto una delle sue prove più convincenti in chiave drammatica, con la giusta dose di patetico nel bellissimo coro dei prigionieri (ottimamente istruito da Claudio Fenoglio) che chiude il primo atto.
Il finale del secondo atto del "Fidelio".
Nel complesso la compagnia di canto è stata all’altezza del compito.
Ricarda Merbeth è cresciuta con il trascorrere dell’opera, riuscendo a
delineare un Fidelio persuasivo, mentre Ian Storey è soppravvissuto
all’ardua conclusione della grande aria di Florestan. Completavano il
cast Lucio Gallo (un rude Pizarro alquanto sopra delle righe), Franz
Hawlata (un Rocco sobriamente espressivo), Talia Or (una vivacissima
Marzelline), Alexandre Kaimbacker (una disinvolto Jaquino) e Roberto
Holzer (un autorevole Don Fernando).
Successo immancabilmente caloroso, a dimostrazione che al Regio di
Torino tutto funziona a meraviglia: Noseda è nelle grazie del pubblico,
che accorre sempre folto e mostra compiacimento per le opere scelte e
per l’esecuzione.
Giorgio Gualerzi