14/06/2012
Se “apparire” conta almeno quanto “essere bravi”, se “essere personaggio” è indispensabile ad un musicista per affermarsi quanto “suonare bene”, allora David Garrett è il simbolo dell’artista del XXI secolo. Una faccia da “Pirati dei Caraibi” che manda in delirio le ragazzine, apparizioni nei grandi stadi (ha suonato durante la finale della Champions League insieme al tenore Jonas Kaufmann), una visione a 360° della musica, con escursioni nel pop “perché io voglio fare cose che danno e mi danno emozioni, che divertono. Non mi convincono le costrizioni che limitano tanti musicisti. L’importante è che ci sia qualità in quel che si fa”, ci ha detto. Il rischio di far passare in secondo piano il fatto di essere un virtuoso del violino c’è, ma il gioco pare valga la candela. Perché Garrett è apprezzato, popolare, e porta la musica classica anche dove ci sono diffidenze: “voglio avere giovani in platea. Quando ero piccolo non c’erano i giovani ai concerti. Ma i giovani si divertono, sono curiosi, attenti”.
Certo, il fatto di aver stabilito il record di velocità nell’esecuzione de Il volo del calabrone, non depone a favore della qualità artistica (immaginiamo i commenti di un Uto Ughi o di un Izhak Perlman), ma studi compiuti, formazione, tecnica e suono sì. Garrett insomma è un bravo musicista: nato in Germania nel 1980 da una ballerina americana (della quale ha assunto il cognome perché quello del padre, giurista tedesco, era impronunciabile), si è formato al di qua ed al di là dell’Atlantico. Suona ovunque, Italia compresa: aveva due strumenti fantastici, ma uno lo ha rotto sedendoci sopra (e pure questo, è ovvio, pare non deporre a suo favore come musicista). Ma Garrett è anche un compositore che cura arrangiamenti e colonne sonore: “Vorrei avere più tempo per scrivere. Mi piace molto. Ma perfino per le prove e lo studio a volte non ho tempo a sufficienza! Vorrei avere almeno 2 o 3 ore al giorno”.
Il suo cd Legacy, pubblicato dalla Decca, accosta il Concerto per violino di Beethoven a brani famosi di Fritz Kreisler, accompagnati dall’orchestra (la Royal Philarmonic diretta da Ion Marin): lui stesso ha composto l’adattamento orchestrale.
“Ho chiamato questo disco Legacy (eredità, ma anche legame, ndr) per una ragione particolare: perché credo che la missione di ogni musicista sia quella di far conoscere ed amare la musica. Partendo dalle eredità del grande passato. Il titolo non si riferisce ai brani contenuti. Beethoven è un mostro sacro. Kreisler è un’icona per tutti i violinisti. Ed è anche stato un virtuoso che si è posto lo scopo di arrivare al grande pubblico. Anche Kreisler poi è famoso per i suoi arrangiamenti di musiche famose. Ed io ho seguito questo esempio: sono partito dalla musica classica per farla arrivare al grande pubblico”. E non è tutto: ha arrangiato la musica pop in stile classico e nel suo futuro “c’è anche il cinema”.
Giorgio Vitali