05/11/2010
Il regista Pietro Marcello mentre gira a Genova "La bocca del lupo".
Premiato al Festival di Torino e al Festival
di Berlino, La bocca del lupo di
Pietro Marcello è uno di quei film che
dimostrano come i gioielli più puri si nascondano
nelle vene del cinema indipendente.
Il film è nato da un’idea della
Fondazione San Marcellino dei Gesuiti
di Genova, da molti anni impegnata nell’assistenza
ai senzatetto, emarginati e
indigenti. Ora è disponibile anche in un cofanetto della Feltrinelli Real Cinema, che raccoglie il film e il libro Genova tutta la vita, a cura di Daniel Basso (euro 16.90).
È ambientato in una Genova
come raramente si è vista sul grande
schermo, catturata nelle sue zone d’ombra
e nelle livide luci della ragnatela di
caruggi che calano verso il porto e riscoperta
attraverso materiali di repertorio.
La bocca del lupo è la storia di un uomo
che torna a casa dopo tanti anni di
carcere. Ad attenderlo la persona che
per quel lungo periodo gli è sempre stata
vicina con un affetto testimoniato dalle
continue lettere con cui ha cercato di
rendergli meno pesante la sofferenza
della segregazione. Con un coup de
théâtre finale, che celebra la forza dell’amore.
Sempre e comunque.
Storie di
solitudine e di emarginazione, di abbandono
e miseria, si trasformano così in
storie di vite restituite alla dignità del riscattoumano
e sociale, salvate dall’amore
che redime nel segno della Grazia, fino
a sfociare in un’operazione che cuce
passato e presente in un’unica linea, dove
l’allitterazione non è sfoggio stilistico,
mafelice combinazione di immagini
di oggi con altre sbiadite di ieri, che restituiscono
squarci di un ieri sul quale si
era depositata la polvere del tempo.
Un po’ documentario e un po’ cinéma vérité,
un po’ melò e un po’ inchiesta, il
film di Pietro Marcello non è la somma
di tanti generi, ma la fusione armonica
di una dimensione tragica che, attraverso
dolenti connotazioni di pietas e di
commovente umanità, si trasforma in
realismo lirico. La bocca del lupo ha inoltre
il merito di mettere in evidenza il
ruolo che le Film Commission possono
avere nel valorizzare città e regioni. Senza
ricorrere a cartoline turistiche, ma
promuovendo operazioni in grado di
aprirsi a significativi progetti culturali.
Enzo Natta e Paolo Perazzolo