L'albero degli zoccoli di Turoldo

Risorge "Gli ultimi", il film del sacerdote-poeta e di Vito Pandolfi sulla civiltà contadina friulana, a 50 anni dalla sua apparizione. Stasera verrà presentato un doppio Dvd.

06/12/2012
Una scena di "Gli ultimi" nella foto di Elio Ciol.
Una scena di "Gli ultimi" nella foto di Elio Ciol.

Quasi cinquant'anni fa, il 31 gennaio del 1963, a Udine si tenne la prima di Gli ultimi, il film sulla vita dei contadini del Friuli negli anni '30 girato da Vito Pandolfi e tratto da un racconto di David Maria Turoldo. Non ebbe molto fortuna, allora, quel film, anche perché osteggiato da una parte del mondo ecclesiastico - a causa della collaborazione di Turoldo con il "marxista" Pandolfi - che ne bloccò l'accesso nel suo circuito di sale.

Le creazioni artistiche di valore, però, non muoiono e trovano il modo, prima o poi, di tornare in vita
. Così accadrà a Gli ultimi che, con la presentazione ufficiale prevista questa sera al Visionario di Udine, verrà riproposto al pubblico. Grazie all'edizione digitale restaurata, realizzata dalla Cineteca del Friuli, dal Centro espressioni cinematografiche e da Cinemazero, questa serà sarà finalmente visibile la versione originale inedita, e più lunga, del film, quella proposta alla Mostra del cinema di Venezia del 1962. Allora in film non fu selezionato, ma fu comunque organizzata una proiezione in una sdaletta del Lido alla presenza di alcuni intellettuali e ciritici dell'epoca, i quali incoraggiarono il regista ad apportare alcune modifiche, che risultarono nella versione definitva del 1963.

Le riprese, con il bambino che impersona il pastorello Checo.
Le riprese, con il bambino che impersona il pastorello Checo.

Gli ultimi è una sorta di Albero degli zoccoli in versione friulana. Ambientato a Coderno di Sedegliano, paese natale di Turoldo, è tratto dal suo racconto breve Io non ero un fanciullo. Qui il prete-poeta rievoca la sua infanzia di ultimogenito di una poverissima famiglia di contadini, riprendendo alcuni temi che sottendono la sua intera opera poetica: la figura della madre, la miseria vissuta con dignità, la solitidune. Il mondo rurale friulano viene richiamato con stile insieme realista e intimista, attorno ai protagonisti: il pastorello Checo e la sua famiglia.

L'opera non può essere letta in maniera riduttiva come il ritratto idilliaco di una civiltà antica in via di sparizione, sopraffatta dall'industrializzazione nascente. All'esaltazione dei valori sani del mondo rurale - la semplicità, la sobrietà, la dignità nella povertà, il valore dato alle cose - fa da contraltare la solitudine del piccolo Checo, che, nella sua diversità (per intelligenza e sensibilità), è preso di mira dagli altri bambini del luogo e incompreso dagli adulti. La sua condizione si fa metafora di una condizione esistenziale e spirituale, fino ad abbracciare ogni forma di "emarginazione".

La scena corale di un matrimonio: nel film recitarono gli abitanti di Coderno.
La scena corale di un matrimonio: nel film recitarono gli abitanti di Coderno.

L'accoglienza alla sua prima uscita non fu delle migliori, non solo per le ostilità sopra ricordate, ma anche, perché fu, semplicemente, incompreso. I tempi non erano ancora maturi per cogliere i significati e i valori della civiltà contadina, non era ancora nata una sensibilità capace di apprezzzare la dimensione culturale del mondo rurale: L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi uscirà nel 1978.

Oltre alla proiezione delle versione originale inedita, questa sera verrà presentato il doppio Dvd, che contiene sia tale versione si quella ufficiale, oltre a 102 minuti di contenuti ulteriori, un carnet di materiali d'epoca, fra cui molti inediti: il trailer, il finale alternativo (ne esistono infatti due), i sopralluoghi, i provini agli attori realizzati da Elio Ciol, fotografo di scena... Nel cofanetto sono inclusi anche il racconto ispiratore Io non ero un fanciullo di Turoldo e i commenti di Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini e Andrea Zanzotto. Al Palazzo del Consiglio regionale di piazza Oberdan, a Trieste, è stata allestita la mostra fotografica Turoldo, Gli ultimi 50 anni dopo nelle fotografie di Elio e Stefano Ciol.

Paolo Perazzolo
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