Tutte le guerre sono uguali

Al Festival di fotografia etica di Lodi le immagini di Eugene Richards denunciano l'assurdità di ogni conflitto. In mostra il lavoro delle Ong e di alcuni collettivi.

19/05/2011
Uno degli scatti in mostra a Lodi di Eugene Richards sui veterani della guerra in Irak.
Uno degli scatti in mostra a Lodi di Eugene Richards sui veterani della guerra in Irak.

    Era il 2006, quattro anni dopo l’inizio della Guerra in Irak, e non era stata trovata alcuna arma di distruzione di massa. In compenso i feriti e morti erano decine di migliaia, e tra questi più di 2.000 soldati americani, con un tasso crescente di suicidi tra i militari. Della guerra in Irak si è detto molto, per immagini e parole, ma ci voleva un grande, grandissimo fotografo come Eugene Richards per illuminarne un singolo, emblematico angolo di tragedia, quella dei soldati americani tornati a casa mutilati, depressi, violenti, incapaci di reinserirsi nella società.

    Sono loro i protagonisti della mostra di Richards, War is personal (La guerra è personale), che dopo aver girato tutto il mondo arriva finalmente in Italia, al Festival della Fotografia Etica di Lodi (dal 19 al 22 maggio). Richards, statunitense, uno dei maggiori fotografi del nostro tempo, nel 2006 si chiedeva cosa fare contro la guerra: «Scrivere lettere, firmare petizioni, continuare a protestare, smettere di pagare le tasse». Un giorno, tornando a casa dopo l’ennesima manifestazione rifletté su cosa avrebbe fatto lui se fosse stato arruolato suo figlio adolescente. Scrisse una poesia, diceva La guerra è personale (…) la guerra ci ricorda tutto quello che abbiamo / e tutto quello che possiamo perdere / la guerra è quello che accade quando sbagliamo.

   Da lì nacque il progetto fotografico: Richards iniziò a lavorare a una serie di foto, rigorosamente in bianco e nero, in cui si raccontassero storie di americani, gente comune la cui vita era stata profondamente colpita dalla guerra. Passò molto tempo con i veterani, spesso giovanissimi, e le loro famiglie: tra loro il 26enne Tomas Young, che dopo quattro giorni in Irak era stato colpito rimanendo paralizzato su una sedia a rotelle. Carlos Arredondo, il cui figlio era stato ucciso in combattimento. Mona Parsons, che cercava di impedire al figlio di tornare in Irak. Richards partecipò a funerali di soldati, passò una settimana in ospedale a documentare la battaglia di una madre che cercava di tenere vivo suo figlio, dopo i danni cerebrali riportati in guerra.
  
   Ed è poi questo il grande merito del lavoro di Richards in mostra a Lodi, come di suoi reportage precedenti: l’occhio sempre sensibile, sempre a ricordare la persona oltre la notizia, e soprattutto capace di illuminare una guerra combattuta anche e soprattutto nel chiuso delle stanze, nel dolore delle famiglie. Davanti alla guerra che riduce migliaia di morti a semplici statistiche, Richards ci ricorda l’ovvio ma indispensabile, la profonda unicità di ogni singola morte, di ogni singola ferita mai uguale a un’altra.

IL FESTIVAL DI LODI
Alla sua seconda edizione, il Festival della Fotografia Etica organizzato dal Gruppo Fotografico Progetto Immagine anima Lodi dal 19 al 22 maggio con mostre, workshop e dibattiti sul rapporto tra etica e fotografia. Anche quest’anno grandi mostre di fotoreporter internazionali: oltre a Eugene Richards, gli italiani Stefano De Luigi con “Blanco”, lavoro che documenta la vita dei non vedenti, e Simona Ghizzoni con “Odd days”, progetto sull’anoressia femminile. Poi le mostre delle ONG: “Il cibo non basta” di Medici senza frontiere racconta la malnutrizione con foto da Pakistan, Somalia, Etiopia, Sudan, Congo e Niger; mentre le immagini del CESVI ci portano in Karamoja, regione dell’Uganda dove vivono i Karamojong, popolo di guerrieri e pastori nomadi.

Saranno presenti anche quattro collettivi fotografici: Est&Ost racconta l’Est europeo con tre mostre, da Chernobyl alla popolazione delle remote valli remote ucraine, alle condizioni dei gitani. Sono invece Congo e Somalia, al centro del lavoro del collettivo italiano Shabel, mentre i francesi di Tendance Flou raccontano la giornata del 24 marzo 2004 vissuta in dieci diversi Paesi del mondo, e Documentography presenta un lavoro sulla Sierra Leone commissionato da Save the Children. Sito: WWW.FESTIVALDELLAFOTOGRAFIAETICA.IT

Michela Gelati
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