25/03/2012
Un'immagine del documentario "Ho visto" di Andrea Balossi Restelli, Lucrezia Botton e Matteo Vivianetti.
Riflettori
accesi sul mondo arabo. Anche quest'anno il Festival del cinema
africano, Asia e America latina, che si conclude oggi 25 marzo a
Milano, ha puntato il suo sguardo sul lavoro di documentazione,
testimonianza e narrazione dai Paesi del Maghreb. Un anno fa, la
ventunesima edizione della rassegna organizzata dal Centro orientamento educativo (Coe) aveva raccolto "a
caldo" le prime reazioni dei cineasti arabi alle grandi
rivoluzioni in Tunisia e in Egitto scoppiate poco
tempo prima, presentando anche produzioni che, in qualche modo, avevano anticipato il cambiamento.
Quest'anno,
con la sezione speciale "Mondo arabo: atto II", il festival ha
riflettuto sulle trasformazioni politico-sociali in corso nei Paesi arabi,
offrendo al pubblico chiavi di lettura e interpretazioni di registi e
videomaker sia arabi che italiani. Lavori in primo luogo
documentaristici e socialmente impegnati, che non disdegnano di usare
materiale video amatoriale e immagini riprese con i cellulari (come
hanno fatto ad esempio Andrea Balossi Restelli, Lucrezia Botton e
Matteo Vivianetti nel documentario Ho visto): un modo per essere
ancora più aderenti alla realtà dato che, nelle rivolte di piazza, telefonini e fotocamere hanno spesso soppiantato i media tradizionali diventando
i principali strumenti per raccontare gli eventi.
Una scena del cortometraggio "Om Ali " dell'egiziana Yara Lotfy.
Nel film che ha aperto il festival, El Shooq (Lussuria), il popolare regista egiziano Khaled El Hagar esprime una potente
critica sociale ritraendo la miseria e lo stato di abbandono dei
quartieri poveri di Alessandria d'Egitto, dove gli immigrati vivono
in condizioni di estremo degrado.
Sui giorni della primavera araba, invece, punta l'attenzione la 25enne egiziana Yara Lotfy: nel cortometraggio Om Ali la giovane regista rilegge la rivoluzione di piazza Tahrir attraverso lo sguardo coinvolto e
curioso di una nonna i cui due nipoti vivono, in modi differenti, la
rivolta. Il movimento di piazza Tahrir unisce le diverse generazioni
della società egiziana: l'anziana
donna torna con la mente al marito, martire della guerra dell'ottobre 1973, e decide di ricominciare a cucinare l'om ali - piatto tipico della tradizione
egiziana fatto di pane, latte e frutta secca - come faceva al tempo del conflitto di quasi quarant'anni prima.
Nessun riferimento autobiografico, spiega la giovane regista, ma la
rappresentazione di quello che nei giorni della rivoluzione accadde
in moltissime famiglie egiziane.
Nel
documentario Rouge Parole (Parola rossa), il tunisino Elyes Baccar
racconta le rivolte del popolo della Tunisia dopo il suicidio di Mohamed
Bouazizi: per documentare i fatti e le vite dei personaggi nel modo
più aderente possibile alla realtà, il regista ha viaggiato
attraverso diverse città e regioni del Paese, usando anche materiale
amatoriale.
Una scena del film "Sur la planche" della marocchina Leïla Kilani.
Il
Marocco ha vissuto la primavera araba a livello marginale: qui le
manifestazioni popolari non sono sfociate in una rivoluzione. Ma
questo Paese vive le stesse tensioni e inquietudini sociali del resto del Maghreb.
Sur la planche (Al limite) di Leïla Kilani e Mort à vendre (Morte in
vendita) di Faouzi Bensaïdi sono ritratti vividi e amari della
condizione di emarginazione sociale, schiacciamento e disillusione
della gioventù nelle realtà urbane marocchine, in città come
Tangeri e Tetouan. In Sur la planche la Kilani, giornalista e
documentarista di Casablanca, fotografa con lucido realismo frustrazioni e aspirazioni
di due ragazze del ceto popolare, temerarie e disincantate, che per
lavoro passano le giornate a pulire gamberetti tra le pareti
asfissianti di una ditta di Tangeri e nello stesso tempo sognano di
elevarsi socialmente, mentre la durezza della vita le porta a scelte al
limite.
Molto interessante è lo sguardo dei registi italiani sulla primavera araba: per girare il documentario
Tahrir Liberation Square, il palermitano Stefano Savona
si è mescolato tra la folla della piazza del Cairo, assorbendo e
catturando in presa diretta le gioie e le tensioni in quei giorni
caldi di insurrezione, le incertezze, le inquietudini e le speranze degli egiziani per il futuro del loro Paese.
Giulia Cerqueti