28/11/2011
Il baritono Dario Solari con le tre streghe nel "Macbeth" che ha inaugurato la stagione lirica di Roma.
Il Macbeth inaugurale della stagione lirica romana è stato, come all’ultimo Festival di Salisburgo, un veni vidi vici di Riccardo Muti, il quale sempre più tende a identificarsi con quest’opera giovanile di Verdi al punto che diventa difficile sottrarsi al fascino esercitato dalla sua bacchetta. Fra i momenti particolarmente felici cito la tensione emotiva del finale del primo atto, sospesa fra ripiegamenti intimistici e irresistibili esplosioni sonore, e il suggestivo accompagnamento del brindisi del secondo atto, che si afferma, anche grazie a Muti, come una delle pagine più ispirate del primo Verdi.
Dario Solari e Tatiana Serjan durante il "Macbeth".
La regia di Peter Stein – inserita nello spettacolo modernamente
tradizionale allestito a Salisburgo – è risultata consona alle
esigenze di Muti, ma, quel che più conta, perfettamente in linea con la
chiarezza e la credibilità dell’esposizione. La compagnia di canto non
ha nuociuto alla compattezza di questo Macbeth. L’uruguayano Dario
Solari è un protagonista che dà il meglio di sé nei primi due atti,
dove occorrono soprattutto dizione ficcante e attenzione al gioco di
contrasti e sfumature, salvo poi trovarsi alquanto a disagio nei momenti
in cui occorre invece un maggior peso vocale. Riccardo Zanellato
è un Banco puntuale; i due tenori, Antonio Poli (Macduff) e Antonio
Corianò (Malcolm), cercavano di sopperire con la professionalità ai loro
precisi limiti di timbro e di finezza. Su tutto e tutti ha dominato la
russa Tatiana Serjan, timbro non particolarmente gratificante, ma
in compenso dotata di quella lucida aggressività che tanto si addice
alla malefica Lady.
Giorgio Gualerzi