05/02/2012
Veronica Pivetti sul set di "Per un pugno di libri"" (copertina e questa foto: Ansa).
Un libro, un
programma tv, il doppiaggio, una fiction. È un momento denso di impegni e ricco
di soddisfazioni per Veronica Pivetti, splendida interprete di numerose serie
televisive di successo. Vulcanica, brillante e anche un po’ veggente, la
protagonista di Provaci ancora Prof è riuscita a far diventare realtà un
sogno nel cassetto e così ogni domenica pomeriggio su Raitre conduce Per un pugno di libri, la storica
trasmissione che, attraverso la sfida tra ragazzi dell’ultimo anno delle
superiori, riesce a far amare la lettura.
Un programma, un destino. Basti
pensare che ancora in tempi non sospetti Veronica scriveva: “È lampante che non sono un’intellettuale,
probabilmente non sono neanche una persona colta , anzi, ho buchi di conoscenza
per i quali mi meriterei senz’altro una nota
sul registro ma non mi beccherete mai senza un libro nella borsetta”. E
allora come non affidarle un programma che le calza a pennello, cui aveva
partecipato in qualità di ospite ma che certo non immaginava di condurre succedendo ad amatissimi predecessori come Patrizio Roversi e Neri
Marcorè. L’ironia, la curiosità, la competenza di Veronica sono state subito
apprezzate dal pubblico e dagli autori del format.
- Hai ereditato un
appuntamento molto importante della domenica di Raitre, come hai affrontato
questa nuova sfida lavorativa?
"Con molta emozione. Non ero
così tesa neanche quando ho presentato Sanremo e i David di Donatello perché
ero consapevole di raccogliere il testimone di qualcosa di molto amato e ben fatto.
Per il momento i riscontri sono positivi, gli ascolti anche. Mi sento
perfettamente a mio agio in un gruppo di lavoro consolidato che non mi ha mai
fatto sentire come l’ultima arrivata. E ti assicuro che non è facile né scontato, in
questo ambiente.
- Per un pugno di libri è
uno dei pochi programmi culturali che riescono a sopravvivere nella tv di oggi.
"Hai ragione. È raro come
un’oasi del Wwf".
- La crisi di ascolti che
stanno attraversando i reality non dovrebbe far riflettere?
"Certo. Ma chi fa televisione
non vuol capire. Forse, si teme che al pubblico possa venire il senso critico
…".
- Il servizio pubblico non
dovrebbe servire anche a indirizzare, a educare il telespettatore?
"Se lo dici a me non posso
che essere d’accordo. Si parla davvero troppo poco di libri in Tv, in piccole
rubriche o a notte fonda. Io sono entusiasta di essere approdata su Raitre,
dove ancora ci sono programmi di servizio".
- Dopo Sanremo è la tua prima
esperienza come conduttrice?
"No. Ho già fatto
alcune cose per la Rai. Su
La7, inoltre, ho condotto Fratelli e sorelle d’Italia, un programma che era
un pretesto per ripercorrere le tappe dell’Unità d’Italia nell’anno del
150esimo. Un appuntamento che mi ha fatto conoscere sotto una luce diversa
rispetto a quella cui è abituato il mio pubblico. Ho quasi sempre fatto solo
fiction e cinema".
- Leggi molto?
"Sono un po’ una secchiona
della lettura. Leggo moltissimo e in qualsiasi
momento. Nei periodi in cui giro le fiction riesco a dedicarmi alla lettura
solo durante le pause di registrazione. Non ho altro tempo. La sera mi sento
molto stanca. Leggo una pagina e poi crollo e non mi piace trattare i libri
così. Per sentirmi soddisfatta devo leggere almeno 50 pagine per volta. Allora, in quei periodi, mi scateno nei
week-end. Quando, invece, non sono impegnata sul set leggo in qualsiasi momento, nella sala
d’attesa di un dottore, sui mezzi pubblici, in viaggio. Sempre".
- Per tenere il
segno fai le orecchie alle pagine?
"L’orecchia alla
pagina la faccio solo quando c’è qualcosa di particolarmente importante che
devo trovare con estrema facilità al bisogno. Ho un culto per i segnalibri che
sono foto che ho fatto o cartoline di posti che amo. Il segnalibro, per me, è
quasi importante quanto il libro. Amo il libro come oggetto. Nonostante questo non lo tratto bene, lo vivo".
- I ragazzi
leggono sempre meno. Che consiglio puoi dare ai genitori? Come possono
avvicinarli alla lettura?
"Intanto non
devono imporre loro libri “pallosi” o ritenuti tali dagli adolescenti. Io ho
iniziato tardi, sui 14-15 anni. Non c’era verso di farmi leggere. Mi annoiavo,
non mi interessava. A un certo punto ho iniziato a leggere ed non ho più
smesso. Se mia madre avesse insistito troppo, avrei iniziato a leggere ancora più
tardi. Bisogna, furbescamente, assecondare gli adolescenti nelle scelte che
fanno, anche se non è grandissima letteratura. Occorre stimolarli a trovare
anche cose che non condividiamo. Facciamoli fare il loro percorso".
- Mi fai un
esempio di libro “palloso”?
"I libri pallosi sono quelli imposti. Per
esempio io adoro I promessi sposi ma a scuola li ho sempre mal digeriti. Ci
vorrebbero dei professori illuminati che facciamo amare la materia. Noi
invitiamo i ragazzi che partecipano a Per un pugno di libri a portare i loro
testi preferiti e non quelli suggeriti dai professori per fare bella figura".
- Quali autori consigli?
"Un autore che si può approcciare
con molta tranquillità. Un autore semplice e contemporaneamente grande è
Simenon, oppure i francesi dell’800 del 900. Oppure Auster, Franzen".
- Uno dei primi libri di Paulo
Coelho ha nel titolo il tuo nome. Lo conosci?
"Certo. Veronica decide di
morire. Mi ricordo che quando lo lessi, con una mano giravo le pagine e con l’altra facevo gesti scaramantici. Non è tra i miei autori preferiti".
- A proposito di libri. In
questi giorni è uscito anche il tuo primo libro: Ho smesso di piangere, la mia odissea per uscire dalla depressione.
"Sono molto
orgogliosa di essere riuscita a farlo. Non sono una scrittrice. Ho
semplicemente raccontato, in una sorta di diario, la mia esperienza. I libri
sono un’altra cosa, anche se mi sono impegnata tantissimo. È stato difficile
perché non essendo il mio mestiere ci ho messo un po’ a trovare la giusta
concentrazione. Ho, però, affrontato questa nuova sfida con onestà senza
censurare i momenti dolorosi".
- La tua verve, il
tuo entusiasmo non lasciano certo intendere che tu abbia potuto trascorrere un
periodo così difficile nella tua vita.
"Sono un’attrice
mica per niente…".
- In un primo
tempo hai tenuto nascosto il tuo problema.
"Certo. Ho
scritto nel libro: “La cosa veramente difficile è far credere al mondo esterno
di stare benissimo, di essere sempre la solita persona di buon carattere con la voglia di scherzare
che tutti conoscevano. Purtroppo è così, non si capisce perché, ma in questo
ambiente fasullo se stai male non lo devi far capire . Se sei un assassino ti
accettano più volentieri che se sei depresso”.
- E poi perché hai
sentito l’esigenza di raccontarlo al pubblico?
"Per aiutare, con
la mia testimonianza, tutti quelli che si trovano in questo tunnel e non sanno
come uscirne. Perché in questi anni ho capito che la vita si fa con quello che
c’è, non con quello che vorremmo. Racconto, comunque, tutto in chiave
umoristica, anche se l’argomento è molto serio perché la depressione è qualcosa
di terribile. Quando incontriamo un depresso non dobbiamo fare spallucce. Vive
una piccola tragedia personale. Bisogna aver pazienza nei confronti di chi ne
soffre".
- Dimmi che non è
vero. Hai per caso detto che avresti voluto essere bellissima?
"Invece è vero.
Magari fossi stata bellissima! Tutti noi abbiamo dei sogni indicibili. A me
piacerebbe, per una giorno della vita, sapere come si vive da bellissimi. Per
carità, mi piaccio come sono ma non saprò mai come vive un bello bello. Per
esempio, Johnny Depp. Lui ha la certezza della sua bellezza e questo non può
non avere influito sulla sua vita".
- Pensavo mi
facessi un esempio al femminile…
"Allora
svegliarsi alla mattina ed essere una delle donne più belle mondo per un
giorno. Ecco, come Charlotte Rampling".
- Non so quanto ti
convenga… ha molti più anni di te! L’esperienza di Per un pugno di libri ti aiuterà ad interpretare meglio Provaci ancora
Prof?
"Senza dubbio
visto che interpreto il ruolo di un’insegnante. La quarta serie di Provaci
ancora prof parte il prossimo 19 febbraio, il giorno del mio compleanno, e si
parla già di una quinta. Una sorta di vitalizio in un periodo in cui i vitalizi si
tolgono".
Monica Sala