04/02/2013
Quvenzhané Wallis, 9 anni, è candidata all'Oscar per la straordinaria interpretazione in "Re della terra selvaggia".
Forse non è un caso che dopo Obama, eletto per un secondo mandato alla presidenza degli Stati Uniti, la più giovane candidata agli Oscar che verranno assegnati il prossimo 24 febbraio sia una bambina afroamericana. Quvenzhané Wallis, nove anni, candidata come migliore attrice, è la protagonista di Re della terra selvaggia ed era ancora più piccola quando ha girato il film ed è stata scelta tra quattro mila bambine della Louisiana.
A prescindere dai possibili Oscar (è candidato anche come miglior film, migliore regia e migliore sceneggiatura non originale) la bellissima favola è già nell’incontro tra questa bambina dallo sguardo intenso e i capelli indomiti, e Benh Zeitlin, regista esordiente appena trentenne, che sembra ancora più giovane.
La storia, diciamolo subito è sì una fiaba, ma è anche profondamente ancorata alla realtà che stiamo vivendo e tratta temi attuali come la famiglia e i cambiamenti climatici.
“Mi sono trasferito per nove mesi nel luogo dove abbiamo girato il film e tutti gli attori sono persone del luogo che non avevano mai recitato in vita loro. Wink, il padre della protagonista, ad esempio, è interpretato dal panettiere del forno dove andavo sempre mentre scrivevo il copione. È uno che ha vissuto sulla sua pelle sei uragani ed era quindi molto credibile”, racconta Benh Zeitlin.
Hushpuppy, la protagonista, è una bambina che vive, assieme al padre, in una comunità che lotta per la propria sopravvivenza all’interno della “Grande Vasca”, nel profondo Sud della Louisiana.
Un’area paludosa, nel delta del Missisipi, continuamente a rischio evacuazione per l’innalzamento del livello dell’acqua. Si arrangiano vivendo in baracche improvvisate, pescando e allevando galline e maiali. Hushpuppy deve dividere il cibo con gli animali e può contare solo su una sorta di maestra-stregona e sul padre severo che cerca di insegnarle come sopravvivere.
“Il mio compito è non farti morire” le dice quando arriva l’uragano, un po’ come se quello esaurisse i suoi doveri parentali. La madre, invece, ha lasciato la famiglia e la bambina ne sente pesantemente la mancanza.
Il confine tra fiaba e realtà è labile, perché comunità così esistono
realmente in Louisiana e gli uragani come Kathrina sono una tragica
realtà. Anche la vita di queste persone al di là di una grande diga che
protegge la città con le sue ciminiere e i suoi abitanti è reale, ma è
anche metafora.
Quante comunità sono tagliate fuori dalla cosiddetta civiltà da un
grande muro e continuano a lottare per la sopravvivenza, aggrappate alla
vita?
Il rapporto padre-figlia e quello altrettanto filiale (almeno
secondo gli ambientalisti e gruppi come quello descritto nel film) tra
l’uomo e Madre Terra sono scandagliati attentamente, con passaggi di
grande suggestione.
“Se tocchi solo un piccolo anello, tutto crolla”,
dice la voce fuori campo. Infatti, ecco che le temperature della Terra
sono in aumento e i ghiacciai iniziano a sciogliersi. Questi
sconvolgimenti danno luogo a uragani e all'aumento del livello delle
acque che liberano creature preistoriche chiamate Aurochs.
“Avevamo un piccolo budget e non potevamo permetterci troppa computer
grafica, quindi abbiamo addestrato dei maialini vietnamiti a indossare
un costume da Aurochs per girare le scene che ci servivano. Per quella
più complessa, nel finale, ci hanno aiutato 50 studenti universitari di
cinematografia digitale”, spiega il regista, che ha supplito con la
creatività agli scarsi mezzi economici.
“Dirigere una bambina sul set ha comportato anche dover rivedere il
copione, perché avendo sei anni certe parole non le conosceva proprio e
quindi le abbiamo dovute cambiare”, spiega Zeitlin.
“Nonostante il film sia drammatico per lei è stato un grande gioco e i
genitori si impegnano a non farle montare la testa. Le hanno detto della
candidatura agli Oscar, ma lei non sapeva cosa fossero”.
Spesso la critica e il pubblico non la pensano allo stesso modo, ma in
questo caso Re della terra selvaggia sembra mettere d’accordo tutti.
Nella sala romana dov’è stato presentato in anteprima (nelle sale
arriverà il 7 febbraio), piangevano e applaudivano sia gli studenti di
cinematografia che gli attivisti di Greenpeace e Wwf. Sessanta i premi
vinti finora (inclusa la Camera d’Oro a Cannes e il Gran premio della
giuria al Sundance Festival), ma potrebbe non essere finita qui.
Gabriele Salari