Niente dazi per il Pakistan: stop della Ue

Il Parlamento rimanda in commissione (con paletti) il provvedimento che riguarda l’importazione agevolata di 75 prodotti

12/05/2011

Restano i dazi su molti prodotti provenienti dal Pakistan, ma solo per ora. Il via libera alle importazioni, temuto soprattutto dai distretti tessili, è stato frenato dal Parlamento europeo: la proposta era arrivata dalla Commissione europea, su richiesta della Gran Bretagna, per aiutare il Pakistan messo in ginocchio dalle alluvioni dell’estate scorsa. Il provvedimento avrebbe concesso per tre anni l’entrata nella Ue a dazio zero per 75 prodotti pakistani, ma il Parlamento ha votato per il ritorno in commissione e ha modificato il testo: sono state limitate le eventuali importazioni ad un anno (rinnovabile per un altro anno) e, per i prodotti tessili più sensibili, è stato introdotto un sistema di quote, superate le quali si tornerebbe all’imposizione dei dazi. Per un certo numero di prodotti tessili, tuttavia, i deputati hanno votato a favore di un aumento graduale delle quote di prodotti esenti dai dazi, piuttosto che eliminarli completamente. Il Parlamento ha approvato l'introduzione nel regolamento di una clausola che collega l’uso di tariffe agevolate per il Pakistan (che devono comunque essere autorizzate dall’Organizzazione mondiale per il commercio) al rispetto dei diritti umani: nel caso il Paese adottasse misure che colpiscono negativamente i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la parità di genere o la libertà religiosa o se offrisse a organizzazioni terroristiche qualsiasi tipo di sostegno, la Commissione dovrebbe immediatamente ritirare il regolamento.  

Le conseguenze per l’Italia. Il provvedimento non piace ai distretti tessili italiani che si trovano ancora una volta a competere con Paesi che lavorano a basso costo. Anche alcuni eurodeputati hanno sollevato qualche polemica: «In questo mondo complicato, attraversato costantemente da innumerevoli tragedie, naturali e non, introdurremmo un grave precedente se trasformassimo ogni emergenza in un’occasione per modificare le regole della politica commerciale», sottolinea Gianluca Susta, biellese, parlamentare europeo dell’Alleanza Progressista. Lo stesso trattamento potrebbe essere richiesto da altri Paesi. Lo sostiene l’europarlamentare pratese Claudio Morgani, della Lega Nord: « Se si eliminassero i dazi per il Pakistan, poi ci si dovrebbe aspettare che qualche altro Stato, ad esempio l’India, pretenda dall’Ue lo stesso trattamento, a scapito del tessile europeo, già danneggiato proprio a causa della concorrenza sleale dei Paesi asiatici».  

Il nodo “Made in”. Rimandata nei dettagli anche la questione sul Made in, da sempre al centro di una disputa a livello europeo tra i Paesi del Nord (come Svezia, Norvegia, Germania), che non hanno una forte produzione artigianale e quelli del Sud come l’Italia, dove le piccole e medie imprese sono state fino ad oggi il motore dell’economia nazionale. A Strasburgo ieri il Parlamento ha approvato definitivamente il regolamento sull'obbligo di denominazione delle fibre tessili e all’etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili, ma è stato approvato anche un accordo tra Parlamento europeo e Consiglio Ue in base al quale la Commissione si impegna a presentare entro il 30 settembre 2013 uno studio sulla fattibilità di un sistema di etichettatura di origine, come vorrebbe la legge Reguzzoni-Versace approvata dal Parlamento italiano. In pratica, però, si dovranno aspettare ancora altri due anni per l’etichetta “Made in” al posto della generica indicazione “Prodotto nella Ue” che copre anche i prodotti importati da Paesi terzi  assemblati in Europa. Un punto a favore dei “nordici

Eleonora Della Ratta
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