Nuova etichetta per l'olio d'oliva

Quello di sansa e il semplice "olio" non potranno più riportare l’indicazione dell’origine, che è riservata all’extra vergine e al vergine.

21/04/2010
Cambiano le regole per l'etichetta dell'olio di oliva: più facile individuare l'extravergine di qualità.
Cambiano le regole per l'etichetta dell'olio di oliva: più facile individuare l'extravergine di qualità.

Il semplice olio di oliva e quello di sansa di oliva non potranno riportare l’indicazione dell’origine, che è riservata all’extra vergine e all’olio vergine d’oliva, anche se quest’ultimo praticamente non si vende più. Lo ha stabilito un decreto ministeriale in attuazione di un Regolamento comunitario. La designazione dell’origine, che già si vede negli oli novelli, è costituita dall’indicazione in etichetta del “nome geografico di uno Stato membro o della Comunità o di un Paese terzo”. E’ chiaro che se c’è soltanto il nome della Comunità europea può essere un olio della Bulgaria o della Slovacchia.
Che cosa riporterà l'etichetta? Fin d’ora si potranno vedere quindi bottiglie di extravergine così etichettate: con un riferimento allo Stato in cui sono state interamente raccolte e macinate le olive, che può essere anche un Paese terzo; con la dizione “miscela di oli d’oliva comunitari”; oppure “miscela di oli d’oliva non comunitari”; oppure “miscela di oli d’oliva comunitari e non comunitari”.
Viene superata così la precedente disposizione del Regolamento Ce 1019/2002 che, nel caso di miscele, prevedevano l’indicazione dell’origine “predominante”, disposizioni che, secondo la stessa Ue, “risultavano complesse da applicare, difficili da controllare e potenzialmente fuorvianti”. Resta ferma l’etichetta degli oli Dop.
Molti consumatori continuano a domandare peraltro che differenza c’è tra gli oli extravergini Dop e quelli normali.
Gli extravergini Dop devono riportare obbligatoriamente in etichetta l’anno di raccolta delle olive (in genere ne sono indicati due, perché la raccolta si protrae fino a febbraio dell’anno successivo), mentre gli extravergini normali riportano soltanto la data di scadenza, che è a discrezione dell’imbottigliatore, quindi il consumatore non può capire l’annata di raccolta. Questa è importante perché: i Dop provengono da una zona italiana precisa e circoscritta, indicata in etichetta, che permette al consumatore di scegliere un extravergine dal sapore forte (per esempio, pugliese o siciliano) o dal sapore più delicato (per esempio, ligure o toscano); gli altri extravergini possono essere, anzi sono nella maggior parte dei casi una miscela di oli di varia provenienza spesso estera, che non deve essere e non è dichiarata in etichetta, quindi il consumatore non sa che tipo di olio compra, tranne affidarsi alla marca che conosce e di cui ha fiducia; i Dop devono corrispondere alle prescrizioni di un disciplinare che ne precisa dettagliatamente le caratteristiche qualitative, superiori a quelle previste dalle norme europee e italiane per gli altri extravergini; inoltre, sono soggetti a più controlli e alla vigilanza di un organismo terzo autorizzato dal ministero delle Politiche agricole.

Emanuele Piccari
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