18/05/2010
Un tonno pescato nelle acque del Golfo del Messico.
Finalmente qualcosa si muove nella sostenibilità del tonno in scatola in Italia. Dopo più di un anno di confronto con il settore da parte di Greenpeace e il lancio a gennaio della classifica “Rompiscatole”, le aziende iniziano a fare dei passi avanti. Esselunga ha deciso di non comprare tonno trasbordato in mare, una pratica che favorisce molto spesso attività illegali. Callipo è il primo a decidere di utilizzare nella propria produzione non più del 25% di tonno pescato con sistemi di aggregazione per pesci, un metodo che causa la cattura accidentale di tartarughe, squali, esemplari immaturi di tonno – compromettendo ulteriormente la condizione degli stock – e un’ampia varietà di altre specie. AsdoMar, primo in classifica, è uno dei pochi che utilizza in parte dei propri prodotti il tonnetto striato, specie considerata in buono stato, che viene pescato con metodi sostenibili (lenza e amo).
Dei 14 marchi in classifica ben 10 continuano però a rimanere “in rosso” e nessuno raggiunge la fascia “verde”. «Siamo soddisfatti di vedere che se prima il tema della sostenibilità era considerato da pochi, adesso le aziende iniziano a porre maggior attenzione all’origine del tonno utilizzato. Adottare dei principi scritti però non basta, bisogna dimostrare di essere in grado di metterli in pratica nella realtà» afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace.
Il sito “Tonno in trappola”: http://www.greenpeace.it/tonnointrappola
La classifica “Rompiscatole”: http://www.greenpeace.it/tonnointrappola/classifica-maggio.pdf
Gabriele Salari