A Genova e Asti contribuenti modello. Sembra

Secondo gli studi di settore, nelle due province le denunce dei redditi autonomi sarebbero le più congrue. Ma non tutto quello che appare chiaro è chiaro

23/01/2012

Genovesi e astigiani sono i cittadini italiani più onesti. I meno ligi al dovere fiscale sono gli abitanti della provincia sarda dell’Ogliastra. I professionisti a rischio evasione sono solo il 7,5 per cento, mentre lo è un commerciante ogni quattro. I contribuenti con redditi da lavoro non dipendente evadono al 19,5 per cento mentre, secondo le ultime statistiche, l’evasione tra i lavoratori dipendenti supererebbe il 16 per cento. Insomma, nessuna grande differenza. Ma è così? Che cosa ci dice la fotografia degli studi di settore sui redditi del 2009, l’ultima resa pubblica dall’Agenzia delle Entrate? Ci dice soprattutto che le statistiche, da sole, non bastano e possono portare a conclusioni che non fotografano la realtà.


Forse è meglio incominciare con il ricordare che cosa sono gli studi di settore. Si tratta di uno strumento del Fisco per stabilire una soglia “congrua” di guadagno delle diverse categorie di professionisti, commercianti, artigiani, piccole e medie imprese. Vengono elaborati tramite analisi economico-statistiche e presentano anche dei correttivi per tenere conto di eventuali periodi di crisi economica (come quello che stiamo passando). Ogni anno, prima dell'entrata in vigore dei nuovi modelli, gli studi vengono verificati e approvati dalla Commissione degli Esperti, un organismo ad hoc formato da rappresentanti dell'Agenzia delle Entrate e del Ministero dell'Economia e delle associazioni di categoria. Per costruire questo complesso sistema, il Fisco si è basato sulle caratteristiche delle attività economiche e sulle condizioni oggettive dell’azienda, come il luogo in cui opera (città, paese, centro, periferia), le dimensioni e il pregio di locali utilizzati, la quantità di personale impiegata, i consumi di energia.
Sostanzialmente l'Amministrazione Finanziaria li utilizza per verificare se i compensi dichiarati (o i ricavi) risultano uguali o superiori a quelli stimati dallo studio. In caso di omessa presentazione del modello vengono applicate sanzioni amministrative comprese tra i 258 euro e i 2.065 euro. Inoltre è previsto che le sanzioni ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap siano elevate del 10% in caso di: omessa oppure infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore; indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

In pratica, chi denuncia redditi uguali o superiori a quelli fissati dallo studio di settore che lo riguarda ha una bassa probabilità di subire accertamenti. Chi invece dichiara redditi inferiori ha in media una probabilità su 20 di essere “accertato”, probabilità che aumenta se questo avviene due volte negli ultimi tre anni. Nel 2005 le dichiarazioni dei redditi “congrue” erano il 75 per cento. Nel 2010 sono salite all’80. Vuol dire che l’evasione è scesa in cinque anni del 5 per cento? Non necessariamente. Chi non si adegua, in gran parte dei casi non lo fa perché effettivamente ha guadagnato di meno (o può facilmente nascondere una parte dei ricavi) e a questo punto non ha paura dell’accertamento. Paradossalmente l’evasione potrebbe annidarsi in maniera più consistente tra i “congrui”, che proprio perché tali sanno di avere moltissime probabilità di sfuggire al Fisco e cercano di imboscare tutto o quasi quello che guadagnano di più.

Per ovviare a questi inconvenienti il 20 aprile 2012 dovrebbe andare a regime un altro strumento, messo a punto dal governo Berlusconi, più volte rinviato: lo spesometro. Come dice lo stesso nome, servirà a controllare tutte le operazioni “private”, quelle che sfuggono alle scritture contabili. L’Agenzia delle Entrate verificherà: acquisti di terreni, fabbricati, canoni di locazione; acquisti di immobili all’estero; acquisti di auto, moto, aeromobili e imbarcazioni; acquisto di titoli e azioni; mutui; conferimento di denaro in società; movimenti di denrao da e verso l’estero; spese per il tempo libero; spese per l’istruzione; acquisto di opere d’arte; spese per ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico; contributi previdenziali per colf; polizze assicurative. Incrociando questa enorme massa di dati con le dichiarazioni dei redditi, in particolare quelli delle categorie sottoposte agli studi di settore, che comprerà un Suv da centomila euro a fronte di un reddito di trentamila dovrà dare esaurienti spiegazioni. Vedere la tabella allegata

P.M.G.
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