Fisco, l’accertamento che "uccide"

Un’impresa su tre chiude in seguito alla visita degli agenti. Lo rivela il rapporto annuale dell’Associazione contribuenti italiani

09/03/2011
Un agente della Guardia di finanza mentre cerca tra i fascicoli
Un agente della Guardia di finanza mentre cerca tra i fascicoli

Colpevoli o innocenti, di Fisco si muore: secondo i dati diffusi dall’Associazione contribuenti italiani (www.contribuenti.it), addirittura un’impresa su tre chiude i battenti in seguito a un accertamento fiscale. Nel dettaglio, il Rapporto annuale del contribuente 2010 ha rilevato che solo il 68,2 per cento delle aziende che ricevono una “visita” dagli agenti del Fisco riesce a sopravvivere, mentre al 31,8 per cento non resta che leccarsi le ferite. L’indagine è stata fatta su quasi un migliaio di aziende distribuite in tutta Italia e nei più diversi settori merceologici.  

L’identikit. A chiudere in seguito a un accertamento sono quasi esclusivamente le piccole e medie imprese, mentre quelle di grandi dimensioni sono in grado di reggere l’urto. Il Fisco miete più vittime al Sud e nelle Isole, dove lascia l’attività il 34,9 per cento delle società, mentre si resiste meglio al Nord (si arrende il 28,6 per cento) e al Centro (31,6 per cento).  

Tasse a rate. Secondo il Rapporto annuale del contribuente, anche le richieste di rateizzazione del pagamento delle imposte sono cresciute. In due anni, infatti, le domande sono passate da 800 mila a un milione e l'importo delle imposte rateizzate è cresciuto da 12 a 14 miliardi di euro.  

L’analisi. Dal Rapporto emerge in particolare che le piccole imprese non riescono a fronteggiare insieme due eventi straordinari come la crisi economica e l'accertamento fiscale. «Gli agenti della riscossione», dice a Famiglia Cristiana il presidente dell’Associazione contribuenti italiani, Vittorio Carlomagno, «hanno strumenti troppo invasivi, che dovrebbero essere utilizzati con maggiore cautela, visto che si tratta di strumenti di potenza smisurata rispetto alla portata dell’evasione». A chiudere, secondo Carlomagno, «sono le aziende che non hanno la possibilità di affrontare i costi degli accertamenti tributari, che sparano nel mucchio in modo indistinto, senza neppure ascoltare le imprese».  

L’esempio. «Per una presunta evasione fiscale di 5 mila euro», dice il presidente, «un’azienda viene sottoposta al fermo degli automezzi, al pignoramento del conto corrente e all’iscrizione ipotecaria dell’immobile a titolo cautelativo, con il risultato che l’impresa si vede revocato il fido dalla banca, che non può più contare sull’immobile come garanzia del prestito». Del resto, Carlomagno dice che in media l’accertamento avviene una volta ogni 11 anni e, quando arriva, la piccola impresa non ha i mezzi economici per difendersi. «I contribuenti italiani», conclude, «sono trattati come sudditi e questo genera altra evasione». Senza contare, sottolinea ancora il presidente, che nella maggior parte dei casi, quando si arriva a giudizio le sentenze sono a favore del contribuente.  

La proposta. L’Associazione contribuenti italiani si batte per avere un Fisco “più equo”. Per raggiungere questo obiettivo propone di introdurre la mediazione anche nella sfera tributaria, cioè «un istituto che permetta di accordarsi serenamente grazie a una figura terza, un arbitro, un mediatore fiscale». In questo caso, inoltre, non ci sarebbe neppure bisogno dell’avvocato e le spese legali che le piccole aziende dovrebbero sostenere per difendersi sarebbero abbattute.

Marco Ratti
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Postato da gold73 il 13/03/2011 11:13

Mi permetto di far notare una imprecisione nell'articolo. L'iscrizione ipotecaria dell'immobile non può avvenire se il debito è inferiore a € 8.000. E' vero comunque che gli agenti della riscossione in un primo momento accendevano ipoteca anche per somme inferiori però il problema è stato risolto in primis dalla Corte di Cassazione a sezioni unite(sentenza 4077/2010) e poi da un intervento legislativo.

Risposta della Redazione

Caro Gold73,

ciò che Lei dice non è preciso. Infatti, nonostante  l’intervento della Corte di Cassazione e del Legislatore, gli agenti della riscossione non provvedono a cancellare d’ufficio le ipoteche iscritte sugli immobili per debiti inferiori agli 8 mila euro. Il problema, pertanto, non è stato affatto risolto. Il contribuente, ancora oggi, deve attivarsi per farsi cancellare l’iscrizione illegittima.

Vittorio Carlomagno
(Presidente Associazione contribuenti.it)

Postato da frassinello il 12/03/2011 19:47

Ogni anno, il giorno della Festa della Guardia di Finanza, vengono rese pubbliche cifre clamorose di accertamenti. Nessuno, però, va mai a vedere quanti di quei soldi "recuperati" all'evasione fossero davvero evasi. Alla fine di corsi e ricorsi la cifra iniziale spesso si riduce di dieci e più volte. Non so se abbia ragione l'Associazione che ha fatto l'inchiesta, nel senso che forse il rapporto di una chiusura ogni tre accertamenti potrebbe essere un po' catastrofista, ma che molte aziende, soprattutto piccole e familiari, non ce la facciano a reggere l'impatto di richieste ingiuste, questo è sicuramente vero. In Italia l'evasione è alta, d'accordo, ma forse meno di quello che pensiamo. E soprattutto gli evasori non sono sempre quelli che noi pensiamo per vecchi luoghi comuni

Postato da DOR1955 il 09/03/2011 19:26

Niente di nuovo sotto il sole; lo Stato (Fisco e Giustizia in primis) sono, da sempre, forti con deboli e deboli con i forti. Di certo esiste l'evasione fiscale, ma criminalizzare sempre e comunque, prima di fare accertamenti seri, tutti i lavoratori autonomi e/o le piccole imprese, alla fine stimola a evadere veramente ma sopratutto, e questa è la parte più drammatica, come documentato dalla DIA, apre le porte alle varie mafie che trovano spazio - lasciato libero dalle attività legali fallite - per inserirsi nel tessuto economico oramai di tutta l'Italia. E una Regione, ma ancor peggio un intero Stato, con buona parte delle attività in mano a organizzazioni mafiose è destinato a implodere su stesso. Basta sapere leggere i dati a livello mondiale; negli Stati dove esiste una forte criminalità organizzata di tipo mafioso le rispettive economie sono in gravi difficoltà. E l'Italia sembra avere intrapreso quella strada.

Postato da Ilvio d'Onofrio il 09/03/2011 16:23

Comprendo il Presidente del'associazione contribuenti italiani, cioè le sue preoccupazioni e le sue proposte, però una domanda me la pongo: il Fisco non interviene, forse, perché si evade? Si sa pure che il Fisco possiede strumenti di potenza smisurata e che, intervenendo, non perdona, però si evade lo stesso, il che vuol dire che si ruba. Un solo modo per evitare il Fisco è pagare il dovuto, perché evadendo si ruba ai malati, ai poveri, ai bisognosi, in fondo agli innocenti. Settimo: non rubare.

Postato da CZAR il 09/03/2011 15:33

Sogno di vivere in un paese come la Danimarca, dove le tasse le pagano tutti, ma proprio tutti. Lassù la pressione fiscale è elevata, anche più della nostra, ma pagare le tasse è visto come un dovere civico, mentre l'evasione è considerata un vero e proprio crimine. In cambio i cittadini danesi hanno dallo Stato servizi che noi nemeno ci sogniamo. Infatti due sono i presupposti per avere un fisco "più equo": 1) che le tasse le paghino tutti; 2) che i soldi delle tasse vengano ben spesi a favore dei cittadini. In Italia mancano entrambi i requisiti. L' articolo rischia invece di dare l'impressione di confondere la cura con la malattia: le aziende chiudono non per la visita della Finanza, ma bensì perchè non sono in regola con il fisco ! Non è sostenibile una economia che si regga sul lavoro nero. L'evasione fiscale infatti distorce la concorrenza, danneggia il mercato del lavoro e predispone un mercato drogato che alla prima difficoltà (tale infatti dovrebbe essere considerata una ispezione fiscale normale) collassa. E' pur vero che talvolta la visita della Finanza è troppo invasiva, ma anche questa è una conseguenza, non una causa. Come recita quel detto: "a brigante, brigante e mezzo".

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