11/01/2012
A seguito dei ritardi dei pagamenti, è di circa 40 miliardi di
euro il credito complessivo che le aziende private hanno con le Asl italiane.
La CGIA di Mestre ha stilato la graduatoria dei tempi di pagamento applicati alle imprese fornitrici di dispositivi
medici: solo due Asl su 286, pari
allo 0,7% del totale, pagano le imprese fornitrici entro 60 giorni: sono
quelle di Crema (23 giorni) e Mondovì (46).
Spetta all’Azienda sanitaria locale di Napoli 1 Centro la maglia
nera: per saldare le fatture emesse
dai fornitori di dispositivi medici impiega 1.676 giorni (poco più di 4 anni e
7 mesi). Al San Sebastiano di Caserta, invece, l’attesa è leggermente
inferiore: 1.414 giorni (poco più di 3 anni e 10 mesi), mentre all’Azienda
sanitaria provinciale di Crotone ne occorrono 1.335 (3 anni e 8 mesi). Sono
queste le tre Asl peggiori d’Italia, secondo la CGIA di Mestre. Da questa
indagine emerge un malcostume tipicamente italiano: i lunghissimi tempi di
pagamento della nostra Pubblica amministrazione, uno dei motivi principali della crisi che strozza
soprattutto le piccole e medie imprese (vedi le tabelle allegate).
Tra le realtà sanitarie che pagano le fatture dopo mille giorni ci sono l’ Ospedale Federico II di Napoli
(1.321 giorni), l’Ospedale di Cosenza (1.257 giorni), l’Asl di Salerno (1.157
giorni), l’Azienda Ospedaliera Pugliese di Ciaccio-Catanzaro (1.038 giorni) e
l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (1.033 giorni).
Questi ritardi influiscono negativamente sulla
liquidità e stanno complicando la gestione finanziaria delle imprese fornitrici.
Inoltre, gli effetti negativi sono aumentati proprio in questi ultimi mesi di recessione
economica, visto che l’accesso a qualsiasi forma di credito è diventato più
difficile. Di regola, le pubbliche amministrazioni, godono di flussi di entrate
certe, prevedibili e continui rispetto alle imprese
private. Per questo, sostiene la CGIA,
non sono più tollerabili questi tempi di pagamento: oltre a mettere in grosse
difficoltà le aziende interessate, moltissime Asl stanno creando delle
distorsioni alla concorrenza.
Elena Zuccaro