Jeans logori e striminziti, che ricordi

Altro che provocazioni e moda giovane: a qualche lettore le sfilate di Milano provocheranno una ventata di nostalgia. tutta roba proposta da chi non sa più cosa inventare.

17/01/2011
Un momento della sfilata degli stilisti Dolce e Gabbana a Milano, in occasione della settimana della moda uomo.
Un momento della sfilata degli stilisti Dolce e Gabbana a Milano, in occasione della settimana della moda uomo.

Le sfilate di Milano hanno codificato la nuova moda per i giovani, i quali potranno adeguarsi alle bizzarrie degli stilisti oppure, come fanno da gran tempo, tenersi addosso i giubbotti sformati e i jeans con i buchi. Decideranno loro, ed è giusto così. In simili faccenduole non spetta agli anziani pontificare. Del resto i ragazzi – termine che oggi vale anche dopo i trent’anni – sanno in anticipo che qualunque loro scelta sarà soggetta a critiche. Che respingeranno, pure questo è scontato, con una alzata di spalle.

Posta così, la questione non sembra riguardare neanche da lontano chi non ha l’età. Eppure un nesso c’è, non tanto per i padri degli interessati quanto per nonni e bisnonni. Cioè quella categoria che in tempi remoti ma non dimenticati, allorché mille lire erano un ambito stipendio, neanche sapeva cosa fosse un abito nuovo. Come massimo, ma solo nel ceto medio, arrivava un completino sotto Pasqua. A costoro (e a me) le mises proposte adesso a Milano provocano una ventata di nostalgia. Quelle giacchettine striminzite, così appiccicate addosso da non riuscire ad abbottonarle. Quei pantaloni che lasciano in bella vista le caviglie, mezza spanna sopra le scarpe.

Mi rivolgo ai coetanei: ricordate? Mamma ci guardava perplessa, chiedendosi come mai, da un momento all’altro, fossimo così cresciuti. Appena qualche mese prima ci stava bene tutto. Poi, d’improvviso, ogni capo era diventato piccolo. Quindi il classico rimedio. Per non sembrare grandi, grossi e giuggioloni, era indispensabile rivoltare gli abiti di papà o del fratello maggiore. Della quale operazione tutti i conoscenti si accorgevano ghignando perché, invece di stare a sinistra, il taschino della giacca finiva sempre a destra.

Naturalmente gli stilisti non si limitano a far sembrare obesi gli indossatori. Non mancano palandrane, blusoni a strisce rigonfie che ricordano l’omino dei pneumatici, spalle che si stringono o si allargano, magliette o girocollo al posto di camicia e cravatta, mantelle e alamari da cosacco del Don: insomma, tutta roba proposta da chi non sa più cosa inventare. Però a fare scuola restano le suddette giacchettine per denutriti, sopra jeans logori, larghi e bassi di cavallo.

L’effetto è per lo meno incongruo: ma noi non abbiamo, ripeto, voce in capitolo. Unico rilievo, quei pantaloni cuciti con malagrazia andrebbero in qualche modo riempiti. Dalle mie parti vige un motto, “o vendi brache o compri ...”, avete capito cosa. Infatti si è già aperto un dibattito fra gli esperti del ramo, perplessi per quel “lato B” sul quale l’eccesso di tela ondeggia al vento, senza riuscire ad appoggiarsi. Problematica 2011.

Giorgio Vecchiato
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