20/05/2010
L'incendio della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.
A quasi un mese dall’esplosione dellapiattaforma Deepwater Horizon, il pozzo petrolifero subacqueo non è ancora stato chiuso e il petrolio inizia ad arrivare sulla coste. Una porzione della marea nera nel Golfo del Messico è stata catturata dalla corrente del Golfo, che ruota in modo circolare all'interno del Messico e spinge normalmente le acque verso la Florida. Lo rende noto la National Oceanic and Atmospheric Administration del Governo americano. La corrente potrebbe portare il petrolio a toccare le coste dell'arcipelago di Key West, di Cuba e della Florida nell'arco di pochi giorni.
Ieri mattina, intanto, Greenpeace ha trovato quantità consistenti di petrolio nell’area di South Pass, in Luisiana, vicino alla foce del fiume Missisipi. Prima di essere allontanato dalla Guardia costiera, il team inviato dall’organizzazione ambientalista sul posto è riuscito a documentare con le foto (vedi photogallery) la spiaggia devastata e ricoperta da uno strato di catrame denso e viscoso. Recenti stime confermano le ipotesi di Greenpeace che la reale fuoruscita di petrolio sia di ben dieci volte più grande di quanto dichiarato da BP.
«Come volevasi dimostrare il petrolio è arrivato a terra e a nulla sono valsi i tentativi per arginarlo. È ormai sotto gli occhi di tutti che non esistono misure preventive o sufficienti tecnologie di pronto intervento: il rischio delle perforazioni petrolifere offshore è troppo alto per l’ambiente e per le popolazioni» denuncia Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace. Eppure è di pochi giorni fa la notizia che i piani della Shell per iniziare perforazioni petrolifere in Alaska stanno andando avanti, mentre anche nel nostro Mediterraneo le richieste di autorizzazioni aumentano, soprattutto in Adriatico e nel Canale di Sicilia.
Sei domande per capire il disastro: www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/orizzonte-nero.pdf
Gabriele Salari