29/09/2011
“La resistenza agli antibiotici è sempre stata
vista come un fenomeno puramente contemporaneo. Oggi è un fatto assodato che i
potenti farmaci antibiotici sviluppati dalla scienza nel corso dell'ultimo
secolo stiano diventando sempre meno efficaci a causa di una resistenza
diffusa. A lungo gli scienziati si sono sorpresi della velocità di reazione dei
batteri, ma il punto è un altro: da dove ha origine questa loro straordinaria
capacità di resistere?”. Parola
di Gerry Wright, direttore scientifico dell'Istituto Michael G. DeGroote di Hamilton (Canada) per la ricerca sulle malattie infettive, che ha
pubblicato su Nature i risultati di uno studio davvero interessante effettuato
insieme con il collega Hendrik Poinar, genetista della McMaster University,
sempre di Hamilton.
I due scienziati canadesi hanno esaminato campioni di
terreno permanentemente ghiacciato di oltre 30.000 anni fa: da qui sono stati ricavati piccoli segmenti di Dna
antico che hanno rivelato la presenza di geni resistenti agli antibiotici
insieme con altre molecole di Dna di animali antichi. In particolare si è
notata una potente resistenza alla vancomicina, farmaco antibiotico il cui utilizzo
diffuso contro le infezioni da Staphylococcus aureus ha contribuito allo
sviluppo di ceppi particolarmente resistenti di tale batterio.
“Per completare l'esperimento – hanno spiegato i ricercatori
– abbiamo ricreato il gene di resistenza in laboratorio, purificato la sua
proteina e mostrato che aveva la stessa attività e la stessa struttura di oggi.
Gli antibiotici esistono in natura e sono parte dell'ecologia del
nostro pianeta. Quando pensiamo di aver
sviluppato qualche farmaco miracoloso che non sia suscettibile alla resistenza,
ci stiamo semplicemente prendendo in giro. E dobbiamo stare incredibilmente
attenti al modo in cui usiamo queste sostanze: i microorganismi hanno messo a
punto strategie per aggirarne gli effetti molto prima che noi umani capissimo
come utilizzarle”.
Leonardo Volta