23/11/2011
Gabriel Radvansky è professore di psicologia all'università
di Notre Dame, in Indiana (Usa), e la sua teoria sui vuoti di memoria è tanto
bizzarra quanto curiosa. L'assunto da cui
è partito prima di procedere alla sperimentazione è il seguente: come mai
capita così spesso di spostarsi da una stanza all'altra, in casa come in
ufficio, per poi rendersi conto di non ricordare il motivo per il quale ci si
era mossi? Tralasciando casi patologici, anche a chi giura di avere una memoria
di ferro è senz'altro accaduto almeno una volta di guardarsi intorno smarrito
cercando un appiglio, un dettaglio che gli rammentasse le ragioni del proprio
spostamento.
Il risultato dello studio è apparso sulla rivista Quarterly
Journal od Experimental Psychology e ricondurrebbe la causa dell'improvviso
vuoto di memoria alle porte. Per questo,
l'ideale per vincere le amnesie sarebbe vivere in ambienti open space: «Entrare
o uscire da una porta funziona come un'esperienza di confine, che separa gli
episodi e le azioni archiviandoli altrove,» ha spiegato Radvansky. In altre
parole le porte fungono da divisorio tra un ricordo e l'altro, cosa che
complica il ricordo di un pensiero concepito in un luogo differente.
"Cavie" dell'esperimento del professore
sono state i suoi studenti la cui memoria è stata messa alla prova prima
attraversando un ambiente unico, poi passando da una stanza all'altra. I
numeri sembrano offrire un risultato incontrovertibile: i lapsus colpiscono soprattutto coloro che varcano
una o più soglie. Non avrebbe lo stesso effetto, purtroppo, sempre secondo
Radvansky, tornare al luogo in cui si era concepito il pensiero iniziale: le
porte non restituiscono alla memoria ciò che hanno già cancellato...
Leonardo Volta