01/02/2012
Il processo di fusione nucleare che alimenta le stelle è
davvero replicabile in laboratorio? Pare di sì, almeno stando ai ricercatori
dello Slac - National accelerator laboratory di Stanford negli Usa. Obiettivo finale: contenere e sfruttare l'energia
liberata da queste reazioni per convertirla in elettricità. Grazie ai fasci
laser del più potente generatore al mondo con cui sono state bombardate sottili
lamine di alluminio, i ricercatori sono stati in grado, per brevissimo tempo,
di portare una piccola frazione della materia alla temperatura di 2 milioni di
kelvin.
Secondo Mauro Masserotti, esperto di fisica solare: “L’esperimento rappresenta un significativo passo
avanti verso la comprensione dei processi fisici alla base sia della produzione
e del comportamento di materia ad altissima densita’ (10^23 elettroni per
centimetro cubo) e temperatura (2 milioni di kelvin) che delle sue interazioni
con radiazione ad alta energia. È stato infatti dimostrato come sia possibile
generare materia ad altissima densità di energia, come quella che si trova nel
nocciolo delle stelle, dove avvengono i processi che mantengono l’astro in
equilibrio termodinamico e meccanico grazie alla produzione di energia per
fusione nucleare. Nel corso dei decenni i fisici hanno perseguito l’obiettivo
di costruire sistemi in grado di realizzare la fusione nucleare in laboratorio,
ma nonostante i continui progressi tale obiettivo si è rivelato molto ostico”.
E ancora: “Le simulazioni numeriche condotte dagli
autori confermano le evidenze sperimentali e consentono di interpretarne meglio
alcuni aspetti chiave come il ruolo delle collisioni elettroni-protoni nella termodinamica
e nella cinetica del campione di materia prodotto. Si tratta quindi di un
risultato sperimentale importante e originale, in quanto costituisce la base di
partenza per ulteriori sperimentazioni, che, oltre ad un aumento della
conoscenza sul comportamento della materia in questi stati estremi,
auspicabilmente porteranno ad applicazioni nel campo della fusione nucleare in
laboratorio”.
Leonardo Volta